Solo 5 anni ci separano dai nuovi limiti europei sulla qualità dell’aria, ma le città italiane sono drammaticamente impreparate: l’aria resta irrespirabile e i livelli di inquinamento attuali sono ancora troppo distanti dai parametri che entreranno in vigore nel 2030.
Per seguire la tabella di marcia indicata dal Green Deal europeo, nei prossimi anni saranno di fondamentale importanza le azioni che riusciranno a mettere in campo le città, in cui si concentrano molte delle cause e degli impatti della crisi climatica: occupano il 4% della superficie europea, ospitano il 75% dei suoi abitanti e sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni complessive di CO2. Per dare gambe concretamente alla transizione ecologica le città devono cambiare e in fretta.
Una corsa contro il tempo anche per i nostri centri urbani. A partire dalla lotta contro l’inquinamento atmosferico. Le nostre città sono sempre malate croniche di smog e drammaticamente impreparate ad accogliere i limiti più stringenti fissati dalla nuova Direttiva sulla qualità dell’aria attesa per il 2030.
Vale la pena ricordare che l’Italia è il primo Paese in Europa per morti attribuibili all’inquinamento atmosferico circa 50mila decessi prematuri l’anno.
Report Mal’Aria di città 2025
Parlano chiaro i dati del nostro ultimo report Mal’Aria in cui abbiamo analizzato nei capoluoghi di provincia i dati relativi alle polveri sottili (PM10) e al biossido di azoto (NO2). Nel 2024, 25 città, su 98 di cui si disponeva del dato, hanno superato i limiti di legge per il PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo), con 50 stazioni di rilevamento – dislocate in diverse zone dello stesso centro urbano. In cima alla classifica troviamo Frosinone (Frosinone scalo) per il secondo anno di fila con 70 giorni oltre i limiti consentiti, seguita da Milano (centralina di via Marche) con 68. Nel capoluogo lombardo, anche le centraline di Senato (53), Pascal Città Studi (47) e Verziere (44) hanno superato il tetto massimo. Al terzo posto assoluto si posiziona Verona, con Borgo Milano a quota 66 sforamenti (l’altra centralina, Giarol Grande, si è fermata a 53), seguita da Vicenza-San Felice a 64. Anche altre centraline vicentine hanno superato i limiti: Ferrovieri con 49 giorni e Quartiere Italia con 45. Segue Padova, dove la centralina Arcella ha registrato 61 sforamenti e Mandria 52, mentre a Venezia via Beccaria ha toccato quota 61. Nel capoluogo veneto altre quattro centraline hanno superato i limiti: via Tagliamento con 54 giorni, Parco Bissuola con 42, Rio Novo con 40 e Sacca Fisola con 36. Non si sono salvate neanche le città di Cremona, Napoli, Rovigo, Brescia, Torino, Monza, Modena, Mantova, Lodi, Pavia, Catania, Bergamo, Piacenza, Rimini, Terni, Ferrara, Asti e Ravenna.
Un quadro che rivela come l’inquinamento atmosferico sia un problema diffuso e strutturale, ben più esteso di quanto amministratori locali e cittadini vogliano ammettere.
Se per le medie annuali di PM10 e NO2 nessuna città supera i limiti previsti dalla normativa vigente, lo scenario cambierà con l’entrata in vigore della nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria, a partire dal 1° gennaio 2030. Per il PM10, sarebbero infatti solo 28 su 98 le città a non superare la soglia di 20 µg/mc, che è il nuovo limite previsto. Al 2030, 70 città sarebbero dunque fuorilegge. Tra le città più indietro, che devono ridurre le concentrazioni attuali tra il 28% e il 39%, si segnalano Verona, Cremona, Padova e Catania, Milano, Vicenza, Rovigo e Palermo. Il quadro non migliora con il biossido di azoto (NO2): oggi, il 45% dei capoluoghi (44 città su 98) non rispetta i nuovi valori di 20 µg/m³. Le situazioni più critiche si registrano a Napoli, Palermo, Milano e Como, dove è necessaria una riduzione compresa tra il 40% e il 50%.
Per uscire dall’emergenza smog servono scelte coraggiose, ora. Politiche strutturali e sinergiche che incidano su tutti i settori corresponsabili dell’inquinamento: dalla mobilità, con un trasporto pubblico locale efficiente e che punti drasticamente sull’elettrico e più spazio per pedoni e ciclisti, alla riqualificazione energetica degli edifici, fino alla riduzione delle emissioni del settore agricolo e zootecnico, particolarmente critico nel bacino padano.
Città 2030, come cambia la mobilità
Per accendere i riflettori sul tema della mobilità urbana, una questione al centro per cambiare passo e visione delle città che hanno bisogno di trasformarsi per vincere la lotta contro la crisi climatica, prende il via la nuova edizione di Città2030, la nostra campagna itinerante per promuovere una mobilità sostenibile e a zero emissioni e per chiedere città più vivibili e sicure. 20 tappe per raccontare come si stanno preparando alle scadenze del 2030 i principali capoluoghi italiani, per capire quanto manca per avere un sistema di trasporto sostenibile, efficiente, accessibile e che renda le strade più sicure, a partire dagli utenti più deboli come i pedoni e i ciclisti.
Fino al 18 marzo in ogni tappa della campagna incontreremo amministrazioni locali, esperti e cittadini per discutere le sfide della mobilità da vincere entro il 2030. Accanto al dibattito porteremo in piazza , iniziative pubbliche come flash mob, presidi e attività di bike to school, con focus su Tpl, sharing mobility, mobilità elettrica e Città30. Speriamo di incontrarvi numerosi. Insieme chiederemo a gran voce città costruite intorno alle persone e non alle automobili.
Unisciti a noi ora firmando la petizione Ci siamo rotti i polmoni. No allo smog!
Approfondisci