I dati sulla presenza di fitofarmaci presenti negli alimenti sulle nostre tavole: sottoposti ad analisi 6085 campioni di alimenti di origine vegetale e animale. Nonostante qualche miglioramento preoccupa il multiresiduo. Per combatterlo serve una legge nazionale.
“Stop pesticidi nel piatto” è il rapporto annuale che Legambiente elabora in collaborazione con Alce Nero per fare il punto della situazione sui fitofarmaci presenti negli alimenti che ogni giorno arrivano sulle tavole di italiane e italiani.
Una istantanea che, da Nord a Sud, vede protagonista la Penisola di uno screening unico nel suo genere. Nel testo, oltre all’elaborazione dei dati forniti dalle Regioni e dagli enti preposti, anche interessanti contributi di carattere scientifico a cura di personalità impegnate nella riduzione degli impatti in ambito agricolo, nella tutela della biodiversità e nel contrasto alle agromafie. Già sperimentata nelle precedenti edizioni, questa formula offre al lettore la possibilità di avere una visione d’insieme delle conseguenze, dal campo alla tavola, legate all’utilizzo di queste pericolose molecole di sintesi e di approfondire con focus specifici soluzioni e alternative possibili.
Stop pesticidi nel piatto 2023
Al centro dello studio 6085 campioni di alimenti di origine vegetale e animale provenienti da agricoltura biologica e convenzionale sottoposti ad analisi e relativi a 15 Regioni dello Stivale.
La buona notizia è che la percentuale dei campioni in cui sono state rintracciate tracce di pesticidi nei limiti di legge è risultata in diminuzione (39,21% contro il 44,1% dello scorso anno), così come quella dei campioni irregolari (1,62%). Regolare e senza residui è risultato, invece, il 59,18% (lo scorso anno erano 54,8%). A destare invece preoccupazione il fatto che, seppur nei limiti di legge, nel 15,67% dei campioni regolari sono state trovate tracce di un fitofarmaco e nel 23,54% di diversi residui.
Dati, questi, che, soprattutto sul fronte del multiresiduo, fanno accendere più di qualche campanello di allarme agli addetti ai lavori rispetto ai possibili effetti additivi e sinergici sull’organismo umano del cosiddetto “cocktail di fitofarmaci”.
Nei prodotti biologici, rintracciati residui solo nell’1,38% dei campioni, una contaminazione probabilmente dovuta al cosiddetto “effetto deriva” determinato dalla vicinanza ad aree coltivate con i metodi dell’agricoltura convenzionale.
Le sostanze rintracciate
Nei campioni analizzati sono state rintracciate 95 sostanze attive provenienti da fitofarmaci. In 3 campioni di uva passa sono stati rintracciati 17 residui, in un campione di pesca 14 residui, in un campione di fragola 12 residui. Dall’EFSA anche dati sui prodotti importati: in un peperone proveniente dalla Cambogia sono stati rintracciati addirittura 28 residui.
In linea con il trend delle precedenti rilevazioni, la frutta si conferma la categoria più colpita dalla presenza di residui: oltre il 67,96% dei campioni contiene uno o più residui (rintracciati nell’84% di pere, nell’83% di pesche, nel 53,85% di peperoni). Nella frutta esotica (banane, kiwi e mango) è stata riscontrata la percentuale più alta di irregolarità, pari al 7,41%. Dato nettamente superiore alle altre tipologie di alimenti. In riferimento alla verdura, il quadro risulta migliore: il 68,55% dei campioni analizzati è risultato senza residui. Tra gli alimenti trasformati, i cereali integrali e il vino sono quelli in cui è stato rintracciato il numero più alto di residui permessi (rispettivamente 71,21% e 50,85%). Nota positiva i prodotti di origine animale: dei 921 campioni analizzati, l’88,17% è risultato privo di residui. Tra i pesticidi più presenti si segnalano (in ordine decrescente): Acetamiprid, Fludioxonil, Boscalid, Dimethomorph. Da segnalare la presenza di residui di neonicotinoidi non più ammessi come Thiacloprid in campioni di pesca, pompelmo, ribes nero, semi di cumino e tè verde in polvere; Imidacloprid in un campione di arancia, 2 campioni di limoni, 3 campioni di ocra; Thiamethoxam in un campione di caffè.
Le nostre proposte
Nonostante qualche dato timidamente incoraggiante, la situazione appare ancora molto complessa e risulta evidente la necessità di una ulteriore e concreta spinta politica affinché si possa davvero mettere fine alla chimica nel piatto.
In questo contesto, corre l’obbligo di rammentare la nostra forte preoccupazione per la mancata approvazione del SUR, dispositivo emanato dalla Commissione europea che regola e limita l’utilizzo di fitofarmaci, e riguardo all’urgenza di adottare in Italia il nuovo PAN (Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) la cui ultima stesura risale al 2014.
Occorre inoltre emanare i decreti attuativi relativi alla legge sull’agricoltura biologica recentemente approvata dopo tredici anni di attesa perché, è utile ribadirlo, il biologico è la via maestra per ridurre drasticamente l’utilizzo dei fitofarmaci. Il multiresiduo deve essere combattuto attraverso procedimenti normativi. Gli effetti dei “cocktail di fitofarmaci” devono essere prevenuti e arginati. Una legge appare come l’unica soluzione per fare da argine. Serve, poi, una sempre maggiore sensibilizzazione da parte di cittadine e cittadini. Per questo, abbiamo deciso di promuovere l’iniziativa “Glifosato free”, una campagna che ci vedrà premiare le aziende che, nonostante la proroga, hanno deciso di mettere al bando questa pericolosa sostanza. Un’azione propositiva che ha il compito di dimostrare ancora una volta quanto il Paese reale sia talvolta più di qualche passo avanti rispetto alle istituzioni.
>> Dossier Stop pesticidi nel piatto 2023
>> Il nostro comunicato stampa