L’impatto ambientale dell’allevamento delle cozze

L’impatto ambientale della coltivazione delle cozze è basso. Ma le retine di plastica con cui vengono avvolte spesso finiscono in mare. Un progetto europeo finanziato dal programma LIFE le avvia a una seconda vita.

 

È considerata acquacoltura “green” e di grande interesse per la ricerca di alternative sostenibili alla produzione di cibo sicuro, nutriente e sano. La coltivazione di mitili non necessita di antibiotici e quindi ha minori impatti sugli ecosistemi acquatici, contribuisce al disinquinamento dell’acqua ed è un sistema di sequestro attivo di anidride carbonica. I mitili si alimentano autonomamente filtrando l’acqua e costruiscono i loro gusci sintetizzando carbonato di calcio sottratto al mare. La produzione di un chilo di cozze comporta un’emissione tra 0,137 e 0,252 kg di CO2, contro gli oltre 20 kg prodotti per un kg di carne bovina.
Eppure, nonostante questo bilancio così favorevole, gli impatti dell’allevamento di mitili sull’ambiente marino esistono, e sono prevalentemente a causa dell’alta concentrazione di residui fisiologici depositate sul fondo del mare in corrispondenza degli allevamenti, ma è soprattutto la dispersione delle retine di plastica utilizzate per l’allevamento il problema più evidente.

È questo il problema ambientale che il progetto LIFE Muscles affronta grazie ad un partenariato composto da Legambiente (capofila), Associazione Mediterranea Acquacoltori (AMA), Università La Sapienza di Roma (dipartimento di Chimica), Università di Bologna, Novamont, Università di Siena, Società Agricola Ittica Del Giudice (Gargano), Cooperativa Mitilicoltori Associati (La Spezia) e Rom Plastica.

Durante il ciclo produttivo delle cozze, le reti (o calze) vengono sostituite in media due volte e, specialmente nel momento della sostituzione, effettuata spesso in mare, parte delle retine vengono disperse accidentalmente a causa delle onde, per distrazione o per inconsapevolezza degli operatori.
In Italia, ogni anno, vengono vendute oltre 80.000 tonnellate di mitili, che si traducono in circa 1.300 tonnellate di rete, principalmente in polipropilene (PP), utilizzate negli impianti.

Secondo quanto emerso dal progetto internazionale di cooperazione transfrontaliera DeFishGear, focalizzato in Italia nel Mar Adriatico e nel Mar Ionio, queste reti sono tra i rifiuti più presenti nei fondali marini del nostro Paese, con una dispersione annua che si attesta tra 7,88 e 9,45 tonnellate.
La soluzione proposta da LIFE Muscles – Life MUssel Sustainable production (re)cyCLES – vuole implementare il processo che consiste nel riciclo del materiale attraverso la triturazione delle reti tubolari, l’ossidazione del materiale organico residuo, nel lavaggio e infine nel riutilizzo del polipropilene recuperato. Inoltre, Novamont, partner del progetto e unica azienda che produce ‘mater-bi’ in Italia, ha applicato questo processo alla realizzazione di reti biodegradabili per l’allevamento di cozze ottenendo risultati soddisfacenti che verranno ulteriormente validati nel corso del Life Muscles.

Le aree pilota in cui si concentrano le azioni di LIFE MUSCLES sono due tra le zone italiane dove è più diffusa la mitilicoltura: il nord del Gargano e l’area di La Spezia.
Si può rendere la mitilicoltura più sostenibile e virtuosa, introducendo tra gli allevatori di cozze un modello di filiera circolare necessario per la salute dei nostri mari e l’economia del settore.

VISITA IL SITO DEL PROGETTO