Legambiente: “La convivenza uomo e animali selvatici non si pratica a colpi di quesiti referendari già orientati a semplicistiche soluzioni”.
La gestione della fauna, alla luce dei cambiamenti climatici e l’influenza che genera sulle specie e gli habitat, richiede un approccio basato su conoscenza, monitoraggio delle attività e intervento integrato con misure sempre più complesse. In natura il rischio zero non esiste”.
Legambiente boccia la consultazione referendaria sugli orsi che si terrà questa domenica nei 13 comuni della val di Sole, in Trentino. “La convivenza uomo e animali selvatici – commenta Stefano Raimondi responsabile biodiversità Legambiente – non si pratica a colpi di quesiti referendari già orientati a semplicistiche soluzioni e, soprattutto, in assenza di una chiara ammissione di responsabilità da parte delle istituzioni e della politica, locale, ma non solo, che non ha saputo gestire con i dovuti strumenti un fenomeno complesso che non può essere derubricato ad un semplice sì o ad un no sulla coesistenza. In natura il rischio zero non esiste. Quando la fauna selvatica inizia a tornare, naturalmente o a seguito di reintroduzioni, in aree dalle quali era scomparsa da decenni cominciano a nascere problemi di convivenza, in particolare se si tratta di grandi carnivori (orsi e lupi) che in tante aree di ri-colonizzazione sono percepiti come una minaccia per le persone e gli animali allevati. È evidente che queste “nuove condizioni” – aggiunge Raimondi – impongono un approccio olistico per gli interventi gestionali che devono essere supportati dalla ricerca e basati sull’evidenza e l’approccio scientifico. Pertanto, a nostro avviso, soprattutto dal punto di vista culturale e anche tecnico, è del tutto sbagliato proporre quesiti alle popolazioni che abbiano ad oggetto il ritenere se la presenza di grandi carnivori quali orsi e lupi, in zone densamente antropizzate come alcune valli del Trentino, sia un grave pericolo per la sicurezza pubblica e un danno per l’economia e la salvaguardia di usi, costumi e tradizioni locali.
“In realtà la gestione della fauna, alla luce dei cambiamenti climatici e l’influenza che genera sulle specie e gli habitat, richiede – conclude Raimondi – un approccio basato sulla conoscenza, il monitoraggio delle attività e l’intervento integrato con misure sempre più complesse. Per quanto riguarda il PACOBACE, lo strumento scientifico e politico che permette di intervenire per gestire la complessità della coesistenza e che fornito risposte adeguate, ricordiamo che potrebbe essere migliorato se la politica locale agevolasse la prevenzione e la coesistenza, una pratica difficile e continuamente da aggiornare, anziché alimentare divisioni e paure”.