L’appello di Legambiente, scienziati e docenti per un modello agroecologico

Numerosi ricercatori e docenti universitari hanno già sottoscritto l’appello di Legambiente per un modello di sviluppo agricolo sostenibile. Un documento con cui l’associazione intende sostenere con forza le ragioni dell’agricoltura biologica, ma anche evidenziare quanto la ricerca scientifica e la sperimentazione siano importanti per costruire un modello agricolo basato sull’agroecologia.

“Anche per rispondere alle polemiche che vengono rivolte da alcuni mesi all’agricoltura bio – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – è importante chiarire a tutti qual è la direzione da prendere e perché. È fondamentale, infatti, cambiare l’intero modello agricolo, evidenziando le numerose esperienze virtuose in atto e cercando di contaminare positivamente tutta l’agricoltura, senza criminalizzare nessuno ma sottolineando gli enormi benefici apportati da un’agricoltura sostenibile alla salute delle persone e agli ecosistemi e gli ingenti danni provocati, invece, dalla pratica intensiva e dall’uso di pesticidi”.

Legambiente auspica che si arrivi presto all’approvazione della legge sull’agricoltura biologica, attualmente all’esame del Senato dopo il vaglio della Camera. E il 18 febbraio, con la presentazione del suo dossier Stop pesticidi, l’associazione restituirà il quadro della presenza dei residui di pesticidi nell’ambiente. L’ISPRA ci dice che ogni anno, solo in Italia, sono utilizzate 130.000 tonnellate di pesticidi che contengono circa 400 sostanze diverse, tra erbicidi, fungicidi, insetticidi, con una progressiva contaminazione nel 67% delle acque superficiali e nel 33% delle acque sotterranee. Il modello agricolo basato sull’agricoltura intensiva sta provocando innegabilmente una significativa perdita di fertilità e di sostanza organica dei suoli: secondo le Nazioni Unite ogni anno scompaiono 24 miliardi di tonnellate di terra fertile con un tasso di erosione tra le 10 e le 40 volte superiore alla capacità di rigenerazione; mentre secondo l’ISPRA circa il 40% dei terreni coltivati intensivamente andrà perso entro il 2050 se non verranno modificate tecniche e ordinamenti colturali. A livello globale, il settore agricolo contribuisce per il 25% alle emissioni di gas climalteranti e costituisce la principale causa di perdita della biodiversità naturale.

Una campagna puramente ideologica e denigratoria, non impostata su corrette basi scientifiche, totalmente digiuna di presupposti ecologici applicati all’agricoltura sta mettendo sotto accusa le scarse rese di produzione e gli effetti di accumulo e di tossicità dei principi attivi utilizzati nell’agricoltura biologica e quella biodinamica viene ridicolizzata con estrema superficialità, mentre si sostengono fortemente gli OGM e l’utilizzo dei pesticidi. “Noi siamo convinti – recita, invece, l’appello –  che le pratiche di agricoltura biologica e biodinamica consentano senza alcun dubbio di diminuire la presenza di sostanze pericolose di sintesi, garantendo, insieme alle buone pratiche agricole, l’erogazione di servizi ecosistemici, la tutela della biodiversità, la salubrità e sicurezza dei prodotti ottenuti”.

Oggi in Italia sono quasi due milioni gli ettari coltivati con il metodo biologico (15% della superficie agricola nazionale) e oltre 72.000 gli operatori e le aziende agricole dedicate al settore, che non rappresentano una “nicchia”, ma una estesa rete di realtà di varie dimensioni e spesso a forte integrazione verticale. Anche piccole aziende che non presentano certificazioni biologiche e biodinamiche hanno compreso i benefici del modello agroecologico, integrando nelle loro produzioni aspetti caratterizzanti di questo modello. L’agricoltura biologica, inoltre, è quella che si è rivelata più adatta alle aree interne marginali e montane, l’unica a sviluppare formule di successo laddove invece è dilagato il fenomeno dell’abbandono dei campi. L’agricoltura biologica e l’agroecologia rappresentano quindi un modello da privilegiare, puntando su un ulteriore sviluppo e qualificazione delle superfici agricole e incentivando percorsi avanzati di innovazione e cooperazione territoriale.

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Ecco l’appello: 

LA SFIDA DI UN MODELLO AGRICOLO CHE GUARDA AL FUTURO
Stiamo assistendo in queste ultime settimane ad una serie di attacchi da parte di rappresentanti del mondo scientifico e istituzionale che, a vario titolo e in numerose occasioni, si sono scagliati con grande durezza contro attività agricole diverse da quella convenzionale, come l’agricoltura biologica, che rappresenta ormai una realtà più che consolidata, e quella fondata sui principi della biodinamica. Sono messe sotto accusa le scarse rese di produzione e gli effetti di accumulo e di tossicità dei principi attivi utilizzati in agricoltura biologica, mentre l’agricoltura biodinamica viene ridicolizzata con estrema superficialità. A tutto questo si aggiunge una campagna d’ informazione che sostiene fortemente gli OGM, nonché l’utilizzo della chimica e dei pesticidi in agricoltura, per massimizzare le rese con la motivazione che sarebbe, questa, l’unica agricoltura in grado di nutrire il pianeta nel futuro. Riteniamo questa campagna puramente ideologica e denigratoria, non impostata su corrette basi scientifiche, totalmente digiuna di presupposti ecologici applicati all’agricoltura. Il modello agricolo basato sull’agricoltura intensiva prevede un prezzo pagato all’ambiente ed alla salute ormai insopportabile. Sta provocando innegabilmente una significativa perdita di fertilità e di sostanza organica dei suoli e non possiamo sottacere gli allarmi, sollevati anche da ISPRA, secondo cui quasi il 40% dei terreni coltivati intensivamente andrà perso entro il 2050 se non verranno modificate tecniche e ordinamenti colturali. Mentre secondo le Nazioni Unite ogni anno scompaiono 24 miliardi di tonnellate di terra fertile con un tasso di erosione tra le 10 e le 40 volte superiore alla capacità di rigenerazione. Inoltre, l’utilizzo sistematico di ingenti quantità di sostanze pericolose di sintesi determina, senza ombra di dubbio, una contaminazione oltre che del cibo che utilizziamo ogni giorno, anche dell’ambiente, degli habitat, del suolo, delle acque. Ogni anno sono utilizzati solo in Italia, secondo l’ISPRA, 130.000 tonnellate di pesticidi che contengono circa 400 sostanze diverse, tra erbicidi, fungicidi, insetticidi, con una progressiva contaminazione nel 67% delle acque superficiali e nel 33% delle acque sotterranee. A livello globale inoltre dobbiamo essere consapevoli che il settore agricolo contribuisce per il 25% alle emissioni di gas climalteranti e costituisce la principale causa di perdita della biodiversità naturale insieme all’alterazione degli habitat. Siamo convinti che le pratiche di agricoltura biologica e biodinamica consentano senza alcun dubbio di diminuire la presenza di sostanze pericolose di sintesi, garantendo, insieme alle buone pratiche agricole, l’erogazione di servizi ecosistemici, la tutela della biodiversità, la salubrità e sicurezza dei prodotti ottenuti. Riteniamo inaccettabili e infondate le accuse rivolte al metodo biologico di far ricorso a principi attivi che sarebbero perfino più pericolosi di quelli utilizzati in agricoltura convenzionale, senza per questo sottovalutare le problematiche legate all’utilizzo del rame, alla sua ecotossicità ed ai relativi accumuli nel terreno, tant’è vero che già oggi sono forti le restrizioni nell’utilizzo, con la prospettiva di un suo definitivo abbandono. Si può fare facile ironia sull’agricoltura biodinamica, ma non si può negarle il merito di contribuire in modo significativo al miglioramento della fertilità dei suoli e di proporre un criterio di intervento sugli ecosistemi agricoli che favorisce i processi naturali che avvengono spontaneamente nel suolo e che sono fondamentali  per la nutrizione e la difesa delle piante. Anziché ironizzare, sarebbe più utile favorire programmi di ricerca per sviluppare le conoscenze sia rispetto alle complesse interazioni tra piante, microrganismi ed elementi minerali che sull’impiego dell’enorme patrimonio di princìpi attivi che le stesse piante hanno sviluppato nei millenni come meccanismi di difesa e resistenza.
Oggi in Italia sono quasi due milioni gli ettari coltivati con il metodo biologico, pari al 15% della sSuperficie agricola nazionale ed oltre 72.000 gli operatori e le aziende agricole dedicate al settore, che non rappresentano una “nicchia”, ma una estesa rete di realtà, piccole e grandi, sovente a forte integrazione verticale, che rispondono alle richieste crescenti dei consumatori ed operano con grande impegno per la realizzazione di un modello agricolo basato su un intreccio tra made in Italy, innovazione ed agroecologia.
Del resto, anche piccole aziende che non presentano certificazioni biologiche e biodinamiche hanno compreso i benefici del modello agroecologico, integrando nelle loro produzioni aspetti caratterizzanti di questo modello. Nel nostro Paese, l’agricoltura biologica è quella che si è rivelata naturalmente più adatta ai territori delle aree interne marginali e montane, l’unica che, ancorché in modo ancora localizzato, sia riuscita a sviluppare formule di successo, spesso con il coinvolgimento di giovani agricoltori, laddove invece è dilagato il fenomeno dell’abbandono dei campi (l’Italia ha perso ben cinque milioni di ettari coltivati dal 1970, su una SAU attuale di circa 12 milioni di ettari) con tutte le conseguenze legate alla mancanza dell’essenziale presidio territoriale e sociale rappresentato dalle imprese agricole. L’agricoltura biologica-nelle sue varie forme- e l’agroecologia rappresentano quindi un modello da privilegiare, puntando su un ulteriore sviluppo e qualificazione delle superfici agricole, incentivando percorsi avanzati di innovazione e cooperazione territoriale quali sono i biodistretti, sviluppando progetti di ricerca e formazione, guardando con fiducia al futuro attraverso un modello agricolo che dia forte priorità alle questioni dell’ambiente e della salute.

I firmatari 

Stefano Ciafani, Presidente nazionale Legambiente.
Gabriele Chilosi Professore associato, Università degli Studi della Tuscia, Dipartimento per la Innovazione nei sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali (DIBAF), Laboratorio di Protezione delle Piante, Patologia Vegetale.
Giovanni Dinelli, Professore ordinario, Università degli studi di Bologna, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari
Adamo Domenico Rombolà, Ricercatore confermato, Università degli studi di Bologna, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari.
Stefano Maini, Professore ordinario di Entomologia, Università degli studi di Bologna.
Davide Matteo Pettenella, Professore ordinario, Università degli studi di Padova, Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali.
Roberto Spigarolo, Ricercatore, Università degli studi di Milano, Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali
Fausto Gusmeroli, Professore a contratto, Università degli studi di Milano, Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali – Produzione, Territorio, Agroenergia.
Paolo Bàrberi, Professore in Agronomy and Field Crops, Scuola superiore Sant’Anna
Maurizio Petruccioli, Professore Ordinario, Università degli Studi della Tuscia, Dipartimento per l’Innovazione nei sistemi Biologici, Agro-alimentari e Forestali (DIBAF).
Massimo Monteleone, Professore associato, Università di Foggia, Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente.
Ginevra Virginia Lombardi, Professore associato, Università degli studi di Firenze, Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa.
Biagio Pecorino, Professore ordinario, Università degli Studi di Catania, Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione ed Ambiente (Di3A).
Luca Lazzeri, Agronomo e ricercatore pubblico. Lorenzo D’Avino, Scienziato ambientale e ricercatore pubblico.
Sofia Mannelli, Presidente, Chimica Verde Bionet.
Stefano Benedettelli, Professore associato, Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI).
Francesca Pisseri, Metodologie Sistemiche (AIEMS) ed Ecoallevamento.
Valentina Vaglia, Università degli studi di Milano.
Carlo Modonesi, Università degli Studi di Milano.
Arturo Sergio Lanzani, Professore ordinario, Politecnico di Milano.
Antonio Emilio Alvise Longo, Professore associato, Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani.
Paolo Guarnaccia, Ricercatore, Università di Catania, Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente.
Gaio Cesare Pacini, Professore associato, Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali.
Tommaso Gaifami, Ricercatore, Università degli Studi di Firenze.
Paolo Casini, Professore associato, Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali.
Lara Maistrello, Ricercatore, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Scienze della Vita.