Modena, Prato e Verona i Comuni più virtuosi. AUSL Toscana centro, AUSL Modena e ASL Napoli 1 Centro i servizi veterinari più efficienti. Ben 221 milioni di euro la spesa pubblica sostenuta nel 2018.
Modena, Prato e Verona sono i Comuni al primo posto per la gestione degli animali che vivono nelle nostre città e le AUSL Toscana centro, AUSL Modena e ASL Napoli 1 Centro le aziende sanitarie con i servizi veterinari più efficienti, secondo il rapporto annuale di Legambiente.
L’ottava edizione del dossier Animali in città è stata presentata questa mattina a Napoli, presso Palazzo San Giacomo; i lavori sono stati inaugurati dal sindaco Luigi de Magistris e coordinati dal responsabile nazionale fauna e benessere animale di Legambiente Antonino Morabito. Tra i partecipanti, la presidente di Legambiente Campania Mariateresa Imparato, il presidente nazionale dell’ENCI Dino Muto, il presidente nazionale dell’ANMVI Marco Melosi, il comandante del Reparto Operativo CITES Carabinieri Forestali Maggiore Claudio Marrucci, l’assessore alle Pari opportunità, libertà civili e alla salute del Comune di Napoli Lucia Francesca Menna, la presidente di Save The Dogs and other Animals onlus Sara Turetta, il dirigente generale UOD Veterinaria della Regione Campania Paolo Sarnelli, la componente della Consulta di ANCI Lombardia Elisa Barbara Cezza, la promotrice del progetto Zero cani in canile Francesca Toto, il direttore Centro di Riferimento Regionale di Igiene Urbana, Vincenzo Caputo, il direttore del Dipartimento di medicina veterinaria dell’Università Federico II Gaetano Oliva. L’appuntamento si è concluso con la cerimonia di premiazione delle Aziende sanitarie e dei Comuni amici degli animali 2019.
L’indagine di Legambiente analizza, infatti, i dati forniti dalle amministrazioni comunali (1.162 questionari completi, circa il 15% di tutti i comuni d’Italia) e dalle aziende sanitarie (45 questionari completi, equivalenti al 39,5% del totale) in risposta a due questionari specifici, le cui risposte sono poi suddivise in macro aree.
Modena, Prato e Verona sono, dunque i Comuni più virtuosi, stando ai dati ricevuti. Modena primeggia per l’insieme di regolamenti e ordinanze per la buona convivenza e per i relativi controlli sulla loro applicazione, Prato per l’organizzazione e i servizi offerti agli animali padronali o abbandonati, Verona per un’attenta gestione della spesa offrendo, a minor costo, un servizio di qualità.
“Anche se il trend letto in questi anni è positivo – spiega il responsabile nazionale fauna e benessere animale di Legambiente, Antonino Morabito – i dati forniti da Comuni e Asl restituiscono un quadro fortemente disomogeneo e, nel complesso, risultati inadeguati rispetto all’ingente spesa pubblica di 221 milioni di euro annui dichiarata per la gestione degli animali nelle nostre città. Ancor più se si considera che i Comuni dichiarano di spendere il 58% del bilancio destinato al settore per la gestione dei canili rifugio, circa 102 milioni di euro della spesa stimata per il 2018. Non basta quindi il lavoro messo in campo finora dagli enti più virtuosi e il pressing di associazioni e cittadini, è necessaria una strategia nazionale che metta in sinergia i diversi livelli dell’amministrazione pubblica, rendendo protagonisti i cittadini, per superare una situazione in troppi casi ancora oggi drammatica”.
Il 66% dei Comuni dichiara di avere uno sportello (un ufficio o un servizio) dedicato ai diritti degli animali in città e la percentuale sale al 95% per i Comuni capoluogo. Tra i capoluoghi di provincia che hanno risposto al questionario di non avere ancora attivato un apposito sportello ci sono Verbania, Rieti e Urbino.
Ma partiamo dai numeri. I cani (unico animale d’affezione soggetto a registrazione obbligatoria) presenti in Italia a dicembre 2019 oscillano incredibilmente tra gli 11.630.000 e i 27.300.000. Infatti, secondo le anagrafi regionali ne risultano 11.630.328; se partiamo invece dalle informazioni pervenute da 50 Comuni di diverse regioni italiane che hanno fornito i dati “migliori” rispetto all’anagrafe canina, in Italia dovrebbero esserci 27.312.000 cani (cioè un cane ogni 2,21 cittadini). Se però consideriamo le informazioni ricevute da 3 Aziende sanitarie locali di Emilia Romagna, Umbria e Abruzzo che hanno fornito i dati “migliori” rispetto all’anagrafe canina, i cani sarebbero 21.480.265 (un cane ogni 2,81 cittadini).
Per i gatti, la cui registrazione è facoltativa, i dati dell’anagrafe restituiscono un quadro molto distante dalla realtà: sono registrati solo 602.421 animali. Ma se si considerano i numeri dei gatti presenti nelle colonie feline forniti da 250 Comuni, gli esemplari sarebbero almeno 1.020.646. Mentre sarebbero circa 2.395.000 (uno ogni 25,2 cittadini) i gatti presenti nel Paese stando ai numeri ricevuti da 50 Comuni di diverse regioni italiane, e almeno 1.378.071 gatti (uno ogni 43,8 cittadini) secondo le informazioni ricevute da 3 Aziende sanitarie locali di Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna che hanno fornito i dati “migliori” rispetto all’anagrafe felina. In realtà, come confermano tutte le indagini relative alla presenza di animali da compagnia nelle case degli italiani, il numero dei gatti in Italia sarebbe simile a quello dei cani.
La spesa per la gestione degli animali in città ammonta complessivamente a 220.915.938 euro nel 2018. I Comuni dichiarano, infatti, di aver speso per questa voce 176.853.470 euro, a cui vanno sommati i 44.062.468 euro spesi dalle aziende sanitarie. Il Comune di Verona è quello che, a fronte di servizi di qualità, registra la spesa minore: 1,43 euro a cittadino. Tra i comuni che più spendono per offrire invece servizi scarsi, c’è Montalbano Jonico (MT), che spende ben 30,34 euro a cittadino di fatto solo per gestire i cani in canile.
Il 13% dei Comuni ha fatto campagne di sterilizzazione dei cani l’anno scorso (per circa 25.000 cani secondo le stime), percentuale che sale al 60% per i Comuni capoluogo. Il 12% dei Comuni ha fatto campagne di microchippatura dei cani (17% nei Comuni capoluogo), mentre solo il 4% dei Comuni ha fatto campagne di microchippatura dei gatti (10% nei Comuni capoluogo). Campagne antiabbandono e informative sono state realizzate nel 18% dei Comuni e nel 43% dei capoluoghi.
Solo il 16% dei Comuni (ma la percentuale sale all’88% per i Comuni capoluogo) dichiara di avere un canile sanitario, struttura essenziale per il pronto intervento in caso di ritrovamento di un cane ferito. La situazione è ancora peggiore per i gattili sanitari (essenziali per salvare un gatto ferito) che sono presenti solo nel 6% dei Comuni e nel 36% dei Comuni capoluogo. Solo l’11% dei Comuni è in contatto con un centro di recupero per animali selvatici a cui indirizzare chi dovesse trovare un gabbiano o un merlo feriti, e la percentuale scende al 7% se si trova una volpe o un riccio feriti, al 2% se si trova una tartaruga marina o un delfino in difficoltà, e a meno dell’1% se si trova un’iguana o un’altra specie animale alloctona ferita.
A proposito di canili sanitari, va messo in evidenza che il loro buon funzionamento dipende da diversi fattori: bassa o alta presenza, nel territorio di competenza, di cani vaganti (padronali o randagi), efficacia e tempestività nel loro recupero, elevata percentuale di cani restituiti ai proprietari, 100% dei randagi dati in adozione e, quindi, nessun cane in canile rifugio. Il Comune di Noceto (PR), ad esempio, nel 2018 ha visto entrare in canile due cani, di cui uno ancora presente a fine anno, e ne ha restituiti 22 recuperati sul territorio ai proprietari. Diverso il discorso per i gattili (poiché il numero dei gatti anagrafati è bassissimo) ma si può comunque menzionare il risultato ottenuto dal Comune di San Gillio (TO) che ha recuperato più di 500 gatti, di cui sei sono stati restituiti ai proprietari, 300 dati in adozione e 200 rilasciati in oasi e colonie feline e solo 12 gatti erano presenti nel gattile a fine 2018.
In generale, nel 29% dei Comuni gli animali d’affezione possono accompagnarci sui mezzi di trasporto pubblico, percentuale che sale al 90% nei Comuni capoluogo. L’accesso con i propri amici a quattro zampe negli uffici pubblici è consentito invece solo nel 14% dei Comuni (62% dei Comuni capoluogo), mentre è del 15% la percentuale dei locali pubblici che consentono l’accesso degli animali da compagnia (65% nei comuni capoluogo).
Stando ai dati forniti, c’è da chiedersi se esiste una differenza di gestione sostanziale tra grandi città e comuni di dimensioni minori. Emerge che la principale divergenza riguarda la “vivibilità” percepita dai cittadini, che si traduce nelle metropoli e nelle grandi città in diffusione e prossimità di spazi dedicati (aree cani), in un’offerta di trasporto pubblico adeguata e nel rispetto dei regolamenti per il possesso responsabile e la convivenza civile. In questo gruppo, per esempio, il Comune di Milano offre un elevato numero di aree dedicate (374) e un’ampia offerta di trasporto pubblico, mentre sui controlli di regolamenti e ordinanze non brilla nessuna grande città.
Nei Comuni di minore dimensione e, soprattutto, in quelli delle aree interne o delle regioni meridionali, la maggiore difficoltà percepita è relativa alla gestione dei cani vaganti, con ricadute rilevanti sugli aspetti sociali (etici ed economici). In questo senso, alcuni dati sono illuminanti: se a Milano (1.378.689 cittadini) vi erano 165 cani in canile a fine 2018, a Villa Serio (BG, 6.780) ve ne erano 200, a Matelica (MC, 9.612) 220, a Lanciano (CH, 34.899) 224, a Correggio (RE, 25.485) 250, a Tivoli (RM, 56.472) 287, a Cava dei Tirreni (SA, 52.931) 290, ad Alghero (SS, 43.931) 324, a Porto Torres (SS, 22.126) 359, a Gioia del Colle (BA, 27.573) 437, a Bisceglie (BT, 55.251) 450, a Reggio Calabria (180.369) 597, a Sassari (126.870) 679, a Terni (110.749) 741, a Latina (126.746) 751, a Catania (311.594) 1.415.
Abbiamo citato i Comuni più virtuosi; dove si incontra, invece, la situazione peggiore? “Le situazioni ‘peggiori’ – commenta Antonino Morabito – sono innanzitutto quelle delle amministrazioni pubbliche che non forniscono alcuna informazione, un pessimo segnale di scarsa trasparenza e nessun interesse nel dare informazioni alla collettività”.
Tra quante, invece, hanno fornito informazioni emergono situazioni di chiara difficoltà gestionale come, ad esempio, il Comune di Latina che, nel 2018, ha visto entrare nel canile 245 cani vaganti, di cui solo 10 restituiti ai proprietari, 98 dati in adozione, 12 liberati nel territorio come cani di quartiere, 47 deceduti in canile e ben 751 cani presenti in canile a fine 2018. Il tutto senza dire quanto abbia speso il comune per questa “gestione”.
I Comuni e le Aziende sanitarie che hanno ricevuto il premio Amici degli animali 2019 sono:
Modena, Prato, Verona, Napoli, San Pier d’Isonzo (GO), Vercelli, Cologno Monzese (MI), Vezzano sul Crostolo (RE), Castelvetro di Modena (MO) e Isolabella (TO).
AUSL Toscana Centro, AUSL Modena, ASL Napoli 1 Centro, ASL Vercelli, ATS Montagna (Sondrio, Valtellina e Valcamonica) e ATS Città Metropolitana (Milano e Lodi).
Ad illustrare il dialogo virtuoso tra cittadini e amministrazioni sono arrivate a Legambiente diverse storie a lieto fine di vita animale. Tra queste: Bimba, la minuscola gatta nera salvata sul ciglio dell’autostrada Torino Milano; l’ultimo inverno felice del cane Pinotto, adottato dopo 13 anni di vita nel canile di Castelvetro (MO); la vicenda familiare dell’adozione del labrador Birillo preso dal Rifugio Rocky di San Bartolomeo (RE); il recupero sul litorale flegreo di un giovane fenicottero e la sua riabilitazione grazie alla collaborazione tra un pescatore, i Servizi Veterinari dell’Asl Napoli 1 Centro e il Centro Recupero Animali Selvatici (CRAS) “Federico II”; i dodici cuccioli di Dobermann clandestini provenienti dalla Bulgaria intercettati nel Veronese dalla Guardia di Finanza e salvati dalle Guardie Zoofile, curati al canile sanitario, poi trasferiti al Canile Rifugio del Comune di Verona e tutti felicemente affidati.
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