Frammenti, fibre, palline di polistirolo e pellet le forme più diffuse nei bacini di Bracciano e Trasimeno. Polietilene (PE) e polipropilene (PP) le plastiche maggiormente presenti. Il progetto Blue Lakes presenta i risultati preliminari e il primo Protocollo elaborato per il monitoraggio delle acque interne.
Dai laboratori dell’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, arrivano i risultati delle analisi condotte su 1000 particelle di plastica con una dimensione inferiore ai 5 mm provenienti dalle aree pilota dei laghi di Bracciano e Trasimeno dove sono state monitorate in 4 campagne stagionali – estate 2020, autunno 2020, inverno 2021, primavera 2021 – per comprendere la variabilità di presenza e distribuzione delle particelle a seconda delle differenti condizioni ambientali.
I dati preliminari del monitoraggio delle microplastiche nei due laghi pilota sono stati presentati oggi a Piediluco (TR), nel corso di un incontro dedicato ai giornalisti per illustrare il primo Protocollo di ricerca elaborato appositamente per le acque interne nell’ambito del progetto Blue Lakes.
Nei campioni raccolti in entrambe i laghi, sono stati rilevati soprattutto frammenti, come forma predominante, derivante per lo più dalla disgregazione dei rifiuti, presente in tutte le stagioni con valori percentuali dal 90 al 70% sulle microplastiche analizzate.
Tra le altre microplastiche rilevate i film (che solitamente derivano dalla decomposizione degli imballaggi) mostrano un aumento percentuale nel periodo primaverile; le fibre (associate solitamente al lavaggio degli indumenti) sono in percentuale inferiore (4%) rispetto alle forme predominanti e non sono presenti nei campioni primaverili. Rimane costante infine la presenza dei filamenti con un valore maggiore pari al 9% nel campionamento invernale.
Una distribuzione di forme più eterogenea si osserva nel Trasimeno, dove oltre fibre, forma predominante, e frammenti, sono presenti anche pellet (palline di microplastiche primarie) in ogni campionamento stagionale.
Perchè è importante identificare le microplastiche
Identificare la forma delle microplastiche campionate grazie alla caratterizzazione qualitativa fisica (dimensione, forma e colore), ci permette di ipotizzare la fonte di questo inquinamento che è causato dalle attività umane ed è impossibile da rimuovere completamente. Fornisce quindi una base di informazioni fondamentale per programmare soluzioni praticabili e necessarie ad impedire la dispersione di microplastiche nell’ambiente, a partire da una migliore gestione dei rifiuti o dall’adeguamento degli impianti di depurazione.
Dalla caratterizzazione chimica condotta per consentire l’identificazione del polimero che compone ogni particella raccolta è emersa una percentuale predominante di polietilene (PE) e polipropilene (PP) in entrambi i laghi, rispettivamente 50 e 15% nel lago di Bracciano, 70 e 20% nel Trasimeno.
Polietilene e Polipropilene sono tra i materiali più presenti nella nostra vita quotidiana: il primo costituisce il 40% del volume totale della produzione mondiale di materie plastiche, il secondo trova largo impiego come plastica per alimenti, ad esempio per contenitori alimentari rigidi, come i vasetti di yogurt, i bicchierini di plastica per caffè o i tappi delle bottiglie di plastica.
Nel lago di Bracciano è presente una maggiore eterogeneità di polimeri, seppure con valori non superiori al 2%, fatta eccezione per il polietilene tereftalato PET (28%). Diversamente nel Trasimeno il polistirene (PS) è il terzo polimero maggiormente presente con valore pari al 10%, mentre il polivinilcloruro (PVC) anche se presente non supera l’1%.
Protocollo di monitoraggio
“Ad oggi la maggior parte della ricerca sui detriti di plastica è focalizzata sui mari e gli oceani e persino le tecniche e i protocolli di campionamento disponibili sono stati sviluppati per i sistemi marini”, sottolinea Maria Sighicelli, ricercatrice del Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali ENEA. “Questi dati sulla quantità e tipologia di microplastiche nei corpi idrici lacustri consentono di colmare il gap di conoscenze rispetto ai numerosi studi condotti nei mari e negli oceani in tutto il mondo, di studiare questo fenomeno complesso e ampiamente diffuso e la standardizzazione dei metodi di monitoraggio è fondamentale per confrontare dati, valutare la distribuzione e l’apporto di particelle nella dinamica terra-mare. Inoltre”, continua Sighicelli, “il progetto ci consente di condividere metodi e protocolli con i tecnici regionali degli enti preposti come le ARPA, attraverso varie iniziative come corsi di formazione e seminari con le autorità competenti – il prossimo di tre giorni è in programma alla fine di settembre – con l’obiettivo di ampliare il monitoraggio ad altri laghi italiani ed europei”, conclude.
“L’applicazione di questo protocollo ha richiesto un continuo adattamento alle diverse condizioni ambientali delle acque interne sottoposte ad una maggiore incidenza di micro e nano-plastiche dovuta alle numerose attività antropiche e alla vicinanza di aree urbanizzate eterogenee – ha dichiarato il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti -. La sua definizione è molto importante perché ad oggi, se questo inquinamento è monitorato e codificato nelle acque marine, non lo è nei fiumi e nei laghi, dove non solo le microplastiche sono presenti ma spesso si fa un uso importante delle acque ai fini irrigui o idropotabili. Per questo ci auguriamo che il progetto Blue Lakes possa contribuire a dare uno strumento utile di monitoraggio e a rivedere la normativa sui controlli, inserendo anche questo parametro. Coerentemente con il raggiungimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite 14, obiettivo 14.1 che prevede, entro il 2025, di prevenire e ridurre significativamente l’inquinamento marino di ogni tipo, in particolare dalle attività a terra tra cui i detriti marini e l’inquinamento da nutrienti”.
Durante la mattinata a Piediluco, è stato illustrato il protocollo di monitoraggio messo a punto dal team di ricercatori di ENEA, Arpa Umbria e Legambiente. La metodologia prevede il prelevamento di campioni su 5 transetti in acqua e 4 sulle spiagge, che vengono indagati in 4 campagne stagionali.
I retini manta e bongo sono gli strumenti usati e assieme al tempo di retinata, alla velocità con cui la barca deve procedere, sono elementi del protocollo sperimentato.
Per ogni matrice ambientale esaminata – acque superficiali, colonna d’acqua e sedimenti di spiagge lacustri – oltre al protocollo operativo di campionamento ne è stato elaborato anche uno per le analisi di laboratorio. Per affinare ulteriormente le indagini, a marzo del 2022 si è aggiunto alle aree di indagine anche il lago di Piediluco, sistema lacustre con differente conformazione e condizione idrodinamica che fornirà nuovi elementi al protocollo di monitoraggio.
Dopo l’attività di campionamento realizzata con un giro in barca per approfondire tutte le fasi di lavoro svolte dai tecnici di Arpa Umbria, la mattinata è proseguita con una tavola rotonda a cui hanno partecipato: Giorgio Zampetti Direttore Generale Legambiente; Maria Sighicelli, ricercatrice dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA); Erasmo D’Angelis, Segretario Generale dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale; Paolo Stranieri, responsabile Economia circolare e Progetti dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA Umbria); Leonardo Gatta, dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale; Anna Laura Eusebi e Stefania Gorbi professoresse dell’Università Politecnica delle Marche.
Approfondimenti: lifebluelakes.eu