donna che soffre di ecoansia

Ecoansia, l’altra faccia della crisi climatica

L’impatto della crisi climatica sta assumendo sempre più una dimensione di carattere sociale ed economica oltre che ambientale. E, soprattutto tra i giovani, sta colpendo anche la salute mentale.

È l’ormai nota ecoansia, la preoccupazione che può nascere quando si pensa al futuro climatico del Pianeta.

Secondo un’indagine svolta da “The Lancet” i giovani tra i 16 e 25 anni considerano il futuro “spaventoso”; più della metà dei ragazzi intervistati si dichiara triste, arrabbiato e impotente nel migliorare la situazione climatica. Ma, secondo i dati dell’Istituto Noto elaborati da Repubblica a guardare al futuro con pessimismo non sono solo i giovani, ma ben il 72% degli italiani, praticamente tre cittadini su quattro, preoccupati per i cambiamenti climatici.

Si tratta di un fenomeno emergente, riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale sempre più diffuso e ancora difficile da indagare. Nella letteratura scientifica, l’ecoansia è stata definita come “la sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare” (Albrecht, 2019), questa sensazione porta a un malessere che si esprime in diverse forme come preoccupazione generale, paura o ansia; sebbene quindi l’ecoansia non sia attualmente considerata una condizione medica, l’American Psychological Association (APA) l’ha definita una “paura cronica del destino ambientale”.

Oggi si celebra il World Health Mental Day, la Giornata mondiale della salute mentale, supportata anche dall’OMS, con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sui problemi di salute mentale, mobilitare gli sforzi e combattere lottare contro lo stigma che ruota su questo tema. Una giornata importante, nel corso della quale riteniamo importante fermarci a riflettere su questo nuovo fenomeno, che si inserisce in un quadro complessivo di precarietà e disagio psicologico e sociale dei giovani che mette in evidenza una più complessa dimensione di impatto psicologico dei cambiamenti climatici.

Un bisogno ancora, in alcuni casi, inespresso che necessita di interventi di accompagnamento e di acquisizione di consapevolezza.

Secondo la psicologa USA Susan Clayton, una delle maggiori esperte di psicologia ambientale, sono quattro le situazioni che collegano le condizioni psicologiche al clima:

  • gli eventi acuti, come disastri naturali ed emergenze;
  • i cambiamenti graduali, sono documentate le correlazioni dirette tra aumento delle temperature, la siccità, la qualità dell’aria e l’aumento dello stress cronico, problemi emotivi, cognitivi e comportamentali;
  • la terza via è indiretta, e si riferisce alle minacce sociali ed economiche legate ai cambiamenti climatici (es. perdita di lavori, danni materiali, ecc.);
  • la quarta e ultima situazione è l’ansia da clima, che potremmo definire come “ecoansia“, una condizione sempre più diffusa dovuta alla preoccupazione per il degrado ambientale.

L’ecoansia rappresenta un elemento di ulteriore criticità negli adolescenti acuendo il sentimento di incertezza nel futuro, il senso di precarietà e di stress correlato. In questa dinamica multiproblematica il volontariato e l’attivismo ambientale rappresentano una strada per rispondere alla complessità di bisogni che emergono, per ricostruire reti relazionali e solidali nel gruppo dei pari, per condividere le emozioni negative e il senso di inadeguatezza lasciando spazio ad emozioni positive, rispondere alle problematiche psicologiche individuali e collettive.

Trattandosi di un fenomeno nuovo, l’ecoansia è ancora al centro di dibattito scientifico, ma i ricercatori sono concordi nell’affermare che la partecipazione civica e l’attivazione possano rappresentare uno spazio concreto per promuovere l’impegno e il benessere psicologico. Attraverso il volontariato e l’attivazione è possibile contrastare gli stati di ansia e depressione legati ai cambiamenti climatici, superare le paure e il malessere che deriva dal senso di impotenza delle persone (soprattutto i più giovani) realizzando percorsi di riscatto e consapevolezza individuale e collettiva.

Ristabilire un nuovo contatto con la natura, attivarsi in forma collettiva, nelle comunità, organizzandosi e realizzando azioni concrete come attività di pulizia e ripristino del verde, di messa a dimora di alberi, attraverso la biodanza, vivendo a pieno i pochi spazi verdi o quelli culturali: sono tutte azioni che possono aiutare a combattere le solitudini e il senso di impotenza, per condividere le emozioni negative e il senso di inadeguatezza lasciando spazio ad emozioni positive e rispondere così alle problematiche psicologiche individuali e collettive.



Mariateresa Imparato

Mariateresa Imparato

Laureata in Scienze Politiche, sviluppo e cooperazione internazionale, è entrata in Legambiente grazie all'esperienza del servizio civile presso il circolo di Eboli (Sa). Negli anni si è occupata di progettazione europea e vertenze regionali in Legambiente Campania costruendo reti e alleanze con comitati e associazioni e imprese virtuose. Ha rappresentato l’associazione come portavoce nazionale in giro per l’Italia per campagne storiche come Goletta Verde e Treno Verde. Dal 2018 è presidente di Legambiente Campania e dal 2024 responsabile nazionale Giustizia Climatica di Legambiente.


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