Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima del Governo è irrazionale e punta su gas e nucleare

Mentre molti Paesi europei hanno comunicato un lieve ritardo nella consegna del PNIEC per consentire la conclusione dei procedimenti partecipativi ancora in corso, l’Italia consegna tempestivamente un PNIEC irrazionale, non partecipato e che già sappiamo non raggiungerà gli obiettivi al 2030 (e neanche oltre). Questo dopo ben un anno e mezzo di lavoro.

Osservano   Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente,  Transport&Environmen  e WWF Italia che il PNIEC Italiano rallenterà ancora di più il processo di transizione, con inutili investimenti pubblici in tecnologie irrealizzabili, costose, che pongono gravi problemi ambientali.

Diversi gli elementi di criticità rilevati dalle associazioni ambientaliste, che sottolineano nuovamente la mancanza di un target specifico di riduzione delle emissioni di CO2. Ci si augura che il nuovo testo, inviato oggi a Bruxelles sia, complessivamente, almeno in linea con l’obiettivo europeo di riduzione del 55%, che vale la pena sottolineare essere già sottostimato per rimanere in linea con il contenimento dell’aumento di temperatura al di sotto di 1,5°C, e che dovrebbe essere di almeno il 65%.

L’inserimento nel Pniec del nucleare “sia da fissione nel medio termine (a partire dal 2035) che da fusione (a ridosso del 2050)”, e che dovrebbe arrivare a coprire dall’11 al 22%, secondo le dichiarazioni del Ministro Gilberto Pichetto, rende questo PNIEC, che si proponeva di essere più concreto e realistico, totalmente irrazionale. L’operazione vera è mantenere lo status quo perché qualsiasi apertura alle tecnologie nucleari fissili, che in realtà nulla hanno di nuovo (ad iniziare dai fallimentari Small modular reactor), dopo che in Italia ben due referendum si sono espressi in senso contrario, avrebbe comunque tempi ben più lunghi di quelli dettati dalla traiettoria della transizione. Il tentativo di riproporre il nucleare, insomma, appare totalmente non in linea con una strategia di rapida decarbonizzazione, senza voler considerare i rilevanti rischi ambientali connessi e la bassissima accettabilità sociale.

Un Pniec irrazionale, dunque, che ancora una volta punta su false soluzioni (come avviene anche per la CCS), nascondendosi dietro “al dito” della neutralità tecnologica. Ma la luna degli interessi fossili appare ben chiara. Questo rischia di penalizzare fortemente il nostro Paese, sia sul piano della sicurezza e indipendenza energetica, sia per le opportunità e gli investimenti nella transizione che preclude.

Deboli anche gli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili, dove si parla di 131 GW di potenza complessiva, di cui 74 GW di nuova capacità, inferiore anche agli obiettivi del Decreto Aree idonee, di cui 57 da solare e 17 da eolico. Perdendo complessivamente almeno 16 GW di nuova potenza che, invece, potrebbero far raggiungere al nostro Paese i numeri necessari al 2030 e che non prende in considerazione il potenziale già espresso nel nostro Paese con oltre 1.300 progetti ancora in attesa di valutazione. Attendiamo, inoltre, il documento finale per avere maggiori informazioni in tema di efficienza energetica, tema delicato e fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi climatici, ma anche in termini di qualità della vita e lotta alla povertà energetica.

In conclusione, il mancato rispetto dei target previsti dalla normativa europea (come nel caso dei target Effort Sharing), la violazione di tutte le procedure partecipative che richiedevano il coinvolgimento effettivo della società civile e degli stakeholder, l’assenza di una procedura di valutazione ambientale strategica, avviata e mai più conclusa a seguito del Parere di Scoping che richiedeva maggiori approfondimenti e l’investimento di risorse pubbliche in progetti inutili e dannosi per l’ambiente e la salute, costituiscono solo alcune delle violazioni sostanziali e procedimentali del PNIEC che le associazioni ambientaliste si trovano nuovamente a denunciare. Ci auguriamo che questa volta qualcuno presti ascolto.