Lupo meno protetto: arriva il via libera al cambio dello status. Una Decisione insensata che rappresenta un grave errore e un duro colpo per la tutela di questa specie e mette a rischio anche gli sforzi fatti fino ad oggi per promuovere la coesistenza tra l’uomo e i grandi carnivori.
“La decisione odierna presa oggi dagli Stati membri Ue alla riunione del Coreper con il via libera al declassamento dello status di protezione del lupo non solo mette a rischio decenni di sforzi di conservazione, ma rappresenta una decisione insensata e soprattutto una significativa battuta d’arresto per quello che è stato uno dei più importanti successi dell’Unione Europea in materia di conservazione della fauna selvatica: ossia il ritorno del lupo dopo un periodo in cui la specie ha rischiato l’estinzione. L’Italia per altro è tra i Paesi che ha votato a favore di questo declassamento, dimenticando che i lupi sono protetti sia dalla Convenzione di Berna che dalla Direttiva Habitat dell’Unione Europea e rappresentano una specie fondamentale per la salute degli ecosistemi e della biodiversità in tutta Europa. Indebolire la loro protezione ostacolerà il recupero in corso delle popolazioni di lupi e metterà a rischio gli sforzi per promuovere la coesistenza tra l’uomo e i grandi carnivori, optando invece per l’approccio a breve termine del controllo letale che rappresenta solo una grande sconfitta”, questo il commento di Stefano Raimondi responsabile nazionale biodiversità di Legambiente.
Legambiente ricorda che con questa decisione gli Stati membri hanno scelto di ignorare l’appello di oltre 300 organizzazioni della società civile e di centinaia di migliaia di persone che li esortavano a seguire le raccomandazioni scientifiche e a intensificare gli sforzi per favorire la coesistenza con i grandi carnivori attraverso misure preventive. L’associazione ambientalista ricorda che in Italia, secondo i dati raccolti nel suo dossier “Biodiversità a rischio”, negli ultimi due anni, nel 2022 e 2023, sono morti in tutto oltre 200 lupi. Tra le cause principali di morte investimenti e bracconaggio. Si tratta, precisa Legambiente, però di un dato sottostimato perché non esiste ad oggi una banca dati ufficiale aggiornata. Ciò favorisce la nascita di fake news oltre che spesso “attacchi politici” a discapito della gestione della specie e dei conflitti in maniera scientifica.