Biodiversità

È Obiettivo Natura sulla Nuova Ecologia di giugno

È Obiettivo Natura sulla Nuova Ecologia di giugno: per salvare la biodiversità e raggiungere il 30% di territorio e di mare protetto entro il 2030, l’Italia deve riscoprire il coraggio che trent’anni fa portò alla nascita di cinque parchi nazionali.

La lentezza con cui l’Italia si muove per tutelare la biodiversità è lo specchio di come il Paese sprechi il suo potenziale per la transizione ecologica. I tempi per l’istituzione di Parchi nazionali sono lunghi, in alcuni casi decenni, e anche quando la legge istitutiva di un’area protetta viene approvata passano dai sette agli otto anni prima che diventi operativa.
A questi ritmi, il nostro Paese non riuscirà a raggiungere il target del 30%, al 2030, di territorio e di mare protetti, previsto dalla Strategia Europea per la Biodiversità. A oggi siamo a quota 10,5%. Un divario che va colmato con determinazione, ispirandosi allo slancio che nel 1995 portò alla nascita di ben cinque Parchi nazionali: Maiella, Gran Sasso e Monti della Laga, Vesuvio, il Gargano e Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
È questo l’Obiettivo Natura, scelto come titolo di copertina del numero di giugno di Nuova Ecologia.
Ed è a queste aree protette che è dedicato il servizio d’apertura della rivista, Cento di questi Parchi: per ripercorrerne la nascita ed evidenziarne il valore economico, sociale e ambientale.
Nel 2025, a trent’anni dalla loro istituzione, si confermano modelli virtuosi, da replicare e moltiplicare per centrare gli obiettivi di conservazione.
Accanto ai parchi storici, trova finalmente spazio una nuova istituzione: il Parco Nazionale del Matese tra Campania e Molise. La sua nascita, arrivata dopo anni di attese e ostacoli burocratici, è raccontata nell’articolo Benvenuto Matese.
Sulle pagine del mensile di Legambiente trova poi spazio l’articolo Mezzo secolo di profezie inascoltate, a firma Toni Mira, che ripercorre l’istituzione nel 1967, dopo le alluvioni del 1966 che colpirono in particolare Firenze e Venezia, della Commissione interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo, più nota come commissione De Marchi. I documenti elaborati allora dagli esperti costituiscono una pietra miliare nell’analisi del dissesto idrogeologico e nelle proposte di tutela del territorio. Proposte rimaste, com’è evidente, lettera morta.
L’inchiesta del mese, Fino all’ultimo seme, è dedicata invece al mercato globale delle sementi, oggi controllato da tre sole multinazionali. Una concentrazione di potere che nel mondo mette a rischio la sovranità alimentare e la biodiversità. C’è fortunatamente chi prova a resistere, anche in Italia, dove in tante aree collinari e montane, ma anche vicino alle grandi città come Roma, aziende, associazioni e cooperative “coltivano” modelli alternativi fondati sulla sostenibilità, sul recupero dei saperi contadini, sullo scambio di semi e sulla valorizzazione delle produzioni locali.
Segnaliamo infine, nella sezione dedicata alla transizione ecologica, Fare luce sul blackout in Spagna, un servizio che smonta la narrazione anti-rinnovabili andata in scena nelle scorse settimane. Al di là delle tante bufale raccontate, la verità è che l’affidabilità dei sistemi elettrici dipende dalla qualità della loro gestione più che dalla natura delle fonti energetiche.