Autonomia regionale differenziata e conseguenze per il Paese, le persone, l’ambiente

Il progetto di Autonomia regionale differenziata, in discussione in Parlamento, sta provocando un allarme diffuso per le conseguenze sociali, economiche, ambientali che si ripercuoterebbero sulla quotidianità delle persone, sulla coesione sociale e sul futuro del Paese.

Il disegno di legge del Ministro Calderoli punta a trasferire in toto alle Regioni, senza circoscriverne le funzioni e con un ruolo ancillare del Parlamento, tutte e venti le materie soggette a legislazione concorrente tra Stato e Regioni e tre materie di legislazione esclusiva dello Stato, tra cui le norme generali sull’istruzione e la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Tra le ricadute concrete, da più parti si denuncia un aumento dei divari territoriali con ripercussioni sull’accesso ai servizi essenziali, incidendo negativamente sul principio costituzionale di uguaglianza di diritti e doveri di tutti i cittadini italiani. Non solo, anche nella tutela ambientale i rischi di un trasferimento in toto delle competenze alle Regioni sono alti. Le risorse naturali non hanno confini amministrativi e non possono avere norme e gestioni diverse, così come le emergenze e gli inquinamenti. L’inserimento della tutela dell’ambiente nell’interesse delle future generazioni tra i Principi Fondamentali della Costituzione comporta il fatto che non si possa consentire un accesso differenziato ai diritti e al godimento di quei beni.

Ma si pensi alla grande emergenza dei cambiamenti climatici, con vaste ripercussioni sociali, economiche, ambientali a livello locale, nazionale e internazionale che ha bisogno di coerenti azioni di mitigazione e di adattamento. Nessun territorio si può salvare da solo dagli effetti dei cambiamenti climatici né da solo può realizzare quella riduzione delle emissioni climalteranti o inquinanti di cui abbiamo bisogno (si pensi alla lotta al gravissimo inquinamento atmosferico in Pianura padana). L’idea stessa che si possano avere scelte differenti che riguardano le politiche energetiche, le reti di trasporto, il governo del territorio, la tutela della salute o diverse regole di autorizzazione degli impianti produttivi o delle infrastrutture necessarie ad affrontare la sfida della transizione energetica e produttiva non crediamo faccia bene al Paese, al sistema produttivo, ai cittadini sia che vivano al Nord, al Centro o al Sud. Tra l’altro, viviamo in un contesto in cui alcune di queste materie sono delegate alla competenza sovranazionale dell’Unione Europea e non avrebbe senso né efficacia delegarle ad una o più Regioni.

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Maria Maranò

Maria Maranò

Fa parte della Segreteria nazionale di Legambiente con il ruolo di responsabile Ambiente Lavoro. Ha iniziato la sua militanza in Legambiente nel 1984 nel circolo di Taranto in cui ha ricoperto il ruolo di Presidente. Dal 2017 coordina l’Osservatorio per una ricostruzione di qualità promosso da Legambiente e Fillea Cgil all’indomani del sisma che ha colpito il centro Italia.


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