Marine litter: un Mediterraneo unito nella lotta ai rifiuti in mare

Legambiente presenta a Ecomondo digital le buone pratiche di networking per contrastare il marine litter.

Dal progetto COMMON alla campagna Clean Up The Med a Clean Sea LIFE. Parole d’ordine mobilitazione, rete, impegno civico e cittadinanza attiva per favorire modelli di governance comuni e replicabili.

Legambiente: “Necessario mettere in campo una politica unitaria contro il marine litter estendendo le linee guida europee a tutto il bacino del Mediterraneo. In Italia si approvi al più presto il Ddl Salvamare bloccato da mesi in Senato e il recepimento della Direttiva europea per la riduzione dell’usa e getta

Per ridurre il marine litter serve un Mediterraneo unito. Non solo nelle pratiche di corretta gestione e smaltimento dei rifiuti, ma anche e soprattutto nelle politiche da adottare, facendo rete e replicando anche le buone pratiche di networking già in atto. È questo il messaggio che Legambiente lancia oggi in occasione del convegno on line “Networking for tackling marine litter in the Mediterranean Sea” organizzato insieme al Comitato Tecnico Scientifico Ecomondo, Corepla, Union for Mediterranean, Ispra, Common e Clean Sea Life all’interno della 24esima edizione di Ecomondo, quest’anno in formula totalmente digital. Un momento di riflessione per fare luce sul problema dei rifiuti in mare in tutto il bacino Mediterraneo e per confrontarsi sulle proposte e sulle politiche da attuare, sia a livello europeo sia internazionale, partendo anche da esempi concreti come il modello di networking avviato con il progetto COMMON (Coastal Managment e MOnitoring Network for tackilng marine litter in the Mediterranean Sea – finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma ENI CBC Med) che coinvolge oltre 500 soggetti, tra istituzioni, enti, associazioni, comuni e cooperative, per favorire modelli di governance comuni nei tra paesi coinvolti: Italia, Libano e Tunisia. Oppure l’esperienza storica della campagna Clean Up the Med che in 28 anni ha mobilitato oltre 500mila volontari provenienti da 23 diversi Paesi mediterranei e grazie alla quale sono stati ripuliti 100mila chilometri di spiaggia da oltre 800mila tonnellate di rifiuti. E la grande mobilitazione messa in campo dal progetto Clean Sea LIFE che in Italia, in quattro anni, ha dato vita ad una community unica coinvolgendo subacquei, diportisti, pescatori, studenti e cittadini in attività di pulizia delle spiagge e di informazione e sensibilizzazione.

Esperienze che meritano di essere replicate e che dimostrano come il networking – il fare rete – possa essere un alleato prezioso nella lotta al marine litter, ma oltre a questo impegno trasversale per Legambiente è fondamentale mettere in campo una politica unitaria contro il marine litter partendo da un aggiornamento su proposte dell’Unep e dell’Unione Europea, estendendo le linee guida europee a tutto il bacino del Mediterraneo. Inoltre sul fronte della politica italiana è urgente approvare al più presto il Ddl Salvamare, bloccato da mesi in Senato e il recepimento italiano della Direttiva europea per bandire e ridurre la produzione e commercializzazione di prodotti di plastica usa e getta su tutto il territorio nazionale, prima della scadenza del luglio 2021.

Al convegno online di oggi, in diretta sulla piattaforma keyenergy.it e moderato da Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto Club, hanno preso parte: Giorgio Zampetti, direttore di Legambiente; Francois Galgani, IFREMER; Gaetano Leone, UNEP/MAP; Alessandra Sensi, Union for Mediterranean; Sigi Gruber, Commissione EU; Cristina Fossi, Università di Siena; Stefania Di Vito, Legambiente; Fedra Francocci, CNR-Bluemed CSA; Sana Ben Ismail, INSTM; Nahed Msayleb, Tyre Coast Nature Reserve; Thomais Vlachogianni, MIO-ECSDE; Eleonora de Sabata, Clean Sea LIFE; Franz Müller, Rotary International e Giorgio Quagliuolo, Corepla.  A presiedere il panel di approfondimento Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, Fabio Fava, Università di Bologna e presidente del Comitato scientifico di Ecomondo e Anna Montini, Assessore all’Ambiente del Comune di Rimini.

“L’80% dei rifiuti spiaggiati e monitorati sulle spiagge italiane è di plastica, e, purtroppo, quello presente sui nostri litorali è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno ben più ampio, quello del marine litter, che sta mettendo in pericolo anche il Mar Mediterraneo, la sua biodiversità, ma anche l’economia locale. Per contrastare il marine litter – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – occorre agire al più presto e in sinergia attraverso maggiori azioni di networking, campagne di informazione e sensibilizzazione, promuovendo sempre di più l’economia circolare, lavorando per ridurre l’inquinamento da plastica e mettendo in campo politiche ad hoc a partire da una politica unitaria. Non c’è più tempo da perdere. Ad oggi l’approvazione in Senato della legge di delegazione europea rappresenta un primo passo importante e in avanti contro la plastica usa e getta e i rifiuti in mare. Siamo sulla strada giusta: per questo auspichiamo che l’Italia recepisca quanto prima la Direttiva europea e che il Senato faccia altrettanto per l’approvazione della Legge Salvamare, bloccata da mesi a Palazzo Madama, e che consentirebbe ai pescatori di riportare a terra i rifiuti accidentalmente pescati”.

Esperienze di networking – Secondo l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) (Report Mare Plasticum: The Mediterranean) sono oltre 230mila le tonnellate di plastica che vengono scaricate ogni anno nel Mar Mediterraneo e l’Italia, insieme a Egitto e Turchia, è tra i tre principali responsabili. Dati preoccupanti che indicano ancora una volta la gravità del problema, per questo è fondamentale fare rete per contrastare il marine litter come sta facendo il progetto europeo COMMON, che durante il primo anno di vita ha creato una rete di oltre 500 soggetti, tra istituzioni, enti, associazioni, comuni e cooperative, per favorire modelli di governance comuni nei tra paesi coinvolti: Italia, Libano e Tunisia. Il network è composto da 70 autorità governative, tra comuni e province e membri dei governi nazionali, 60 associazioni ambientaliste, 200 associazioni turistiche, balneari, culturali e cooperative, 43 proloco, 40 scuole, 10 università, 35 porti turistici, 40 associazioni commerciali e decine di aree turistiche, parchi e aree protette. Alla rete si uniranno presto circa 30 Centri di Recupero Tartarughe Marine disseminati nell’area mediterranea e dedicati non solo alla tutela delle specie, ma anche alla cura degli esemplari e all’analisi delle principali minacce che le tartarughe marine affrontano, come le catture accidentali o l’ingestione di plastica. COMMON coordinerà, infatti, un network permanente che unirà sotto la stessa guida molti dei centri di recupero presenti nelle tre nazioni coinvolte. Inoltre, grazie alla collaborazione con l’Università degli Studi di Siena, l’Università di Sousse e la Riserva Naturale Costiera di Tiro, cinque centri di recupero sono già impegnati nel campionamento delle specie ospitate, attualmente circa un centinaio. L’obiettivo è quello di quantificare la presenza di rifiuti e microplastiche ingerite dagli esemplari ricoverati.

“Il progetto COMMON –  aggiunge Zampetti – ha rafforzato il legame con i paesi del Mediterraneo del sud e sta creando una rete di grande valore per progettare interventi di gestione estesi a tutta l’area, al fine di ridurre il problema dei rifiuti in mare anche attraverso modelli di governance integrati. Un modello che dovrebbe essere supportato anche da politiche comuni di produzione e consumo sostenibile, perché le differenti normative tra i paesi del Mediterraneo rappresentano un ostacolo alla sostenibilità ambientale. L’estensione delle politiche e delle linee guida europee a tutto il bacino possono rappresentare una grande opportunità di sviluppo con risvolti ambientali, sociali e impatti economici importanti”.

Tra le altre azioni messe in campo dal progetto COMMON c’è anche la campagna BEach CLEAN, che ha coinvolto durante la scorsa stagione estiva oltre 100 strutture balneari italiane, libanesi e tunisine ad alto afflusso turistico. Ogni struttura ha affisso un decalogo di buone pratiche per informare i turisti sulla possibilità di ridurre il marine litter attraverso poche e buone abitudini, e ha monitorato lo stato di salute delle spiagge di pertinenza. il materiale più trovato sui lidi italiani, libanesi e tunisini esaminati durante tutta la stagione risulta essere la plastica (80%), seguito da carta (13%) e vetro (4%), il resto (3%) è materiale misto. L’87% delle strutture coinvolte segnala inoltre il ritrovamento di mozziconi di sigarette e di plastiche monouso: tappi, bicchieri e cannucce.

Oltre a COMMON, tra le altre buone pratiche di networking Legambiente ricorda anche Clean Up The Med, campagna di volontariato ambientale organizzata dall’associazione ambientalista e che, in 28 anni, ha mobilitato complessivamente oltre 500mila volontari provenienti da Italia, Albania, Algeria, Croazia, Repubblica di Macedonia del Nord, Giordania, Turchia, Tunisia, Libano, Libia, Territori palestinesi, Israele, Grecia, Cipro, Spagna, Francia, Montenegro, Portogallo, Marocco, Egitto, Montenegro, e – in tempi di pace – anche la Siria. E poi Clean Sea LIFE, il progetto europeo sui rifiuti marini condotto dal Parco Nazionale dell’Asinara e co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma LIFE, ormai in via di chiusura, che ha permesso di coinvolgere in quattro anni oltre 25.000 italiani in attività straordinaria di pulizia di coste e fondali italiani del mare e di dar vita ad una community di subacquei, diportisti, pescatori, studenti e cittadini. Inoltre quattro Comuni, grazie a Clean Sea LIFE, hanno adottato iniziative permanenti di lotta ai rifiuti marini: Maruggio, Giovinazzo e Bitonto vietando il lancio massiccio dei palloncini e San Benedetto del Tronto smaltendo i rifiuti raccolti in mare dai pescatori.