Concessioni balneari, La Corte di Giustizia Ue: in Italia non possono essere rinnovate automaticamente

Legambiente: “Non ci sorprende la pronuncia dell’UE. Basta perdere tempo, il Governo italiano proceda rapidamente a mappare le concessioni balneari, a adeguare i canoni in parte irrisori; costruisca bandi di gara basati su criteri di premialità ambientale e armonizzi le normative regionali per aumentare le spiagge libere”.

Le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue esprimendosi su una vertenza che coinvolge l’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato e il comune di Ginosa (Taranto). “I giudici nazionali e le autorità amministrative” italiane “sono tenuti ad applicare le norme pertinenti” del diritto europeo, “disapplicando le disposizioni nazionali non conformi”, ha detto la Corte di Giustizia UE.

“Non ci sorprende la pronuncia della Corte UE – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente -. In Italia ancora non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione e, di conseguenza, in tante realtà le spiagge libere restano un miraggio. In media, dal 2016 al 2020 lo stato italiano ha incassato meno di cento milioni di euro per anno per le concessioni balneari, una difformità su cui la Corte dei Conti ha strigliato più di una volta i Governi. Un’anomalia a cui il Governo italiano deve porre rimedio urgentemente. In questi anni la discussione politica si è concentrata sulla Direttiva Bolkestein finendo per coprire tutte le questioni, senza distinguere tra bravi imprenditori e non, e senza guardare a come innovare e riqualificare il settore. Bisogna risolvere subito alcuni nodi cruciali, dando seguito alle innumerevoli sentenze di giustizia, nazionale ed europea. Necessaria una mappatura rapida delle concessioni balneari ed in generale di quelle sul Demanio marittimo, superando la non completezza dei dati sulle aree demaniali e soprattutto l’assenza di un regolare e affidabile censimento; un adeguamento dei canoni, attualmente per buona parte irrisori; una armonizzazione delle normative regionali per aumentare le spiagge libere; e costruire bandi di gara inserendo criteri di premialità ambientale, per fare in modo che le concessioni vengano assegnate sulla base della proposta migliore dal punto di vista ambientale”.

“Basta perdere tempo. La vicenda della Bolkestein ha funzionato come strumento di distrazione di massa rispetto ai veri problemi dei litorali italiani – aggiunge Sebastiano Venneri, responsabile territorio e innovazione di Legambiente –. Negli ultimi 50 anni il nostro Paese ha perso 40 milioni di metri quadrati di spiagge a causa dell’erosione costiera, come racconta il Rapporto spiagge 2022 di Legambiente. Non si dimentichi poi che, parlare di spiagge significa anche parlare di sostenibilità ambientale. In questo senso si proceda accelerando nella direzione della qualità e sostenibilità ambientale, replicando quelle tante esperienze virtuose e green messe in campo già da molti lidi e apprezzate sempre più dai cittadini che cercano qualità e rispetto dell’ambiente. A questo riguardo la Prassi UNI, nata dal lavoro di Legambiente insieme alle principali categorie di balneari, è un’esperienza preziosa che definisce i criteri dei lidi sostenibili e accessibili e che spinge proprio in questa direzione”.