Rigenerare e ripensare le periferie della Penisola per farle diventare entro il 2030 sempre di più luoghi di inclusione sociale, innovazione e sostenibilità: le nostre proposte e le buone pratiche da replicare già in atto.
La transizione ecologica è una occasione da non perdere per riqualificare le periferie, luogo sintomatico delle disuguaglianze ambientali, sociali e culturali che un modello di sviluppo non più accettabile e la crisi climatica stanno mettendo drammaticamente in evidenza. Una sfida su cui l’Italia deve accelerare il passo nei setti anni che ha di fronte anche per centrare l’obiettivo 11 dell’agenda 2030 dell’Onu per lo Sviluppo Sostenibile che chiede ai 193 Paesi delle Nazioni unite che l’anno sottoscritta, tra cui l’Italia, “città e insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”. La rigenerazione urbana non è un’operazione tecnica o solo fisica, ma riguarda anche la riqualificazione delle relazioni sociali e di prossimità, il senso di comunità, la qualità dell’ambiente di vita e dei servizi. Oggi quello che manca in Italia è una politica nazionale sulle periferie sostenuta da una strategia e una regia ad ampio respiro, che permetta d moltiplicare e dare coerenza agli interventi sparsi sul territorio. Un vuoto su cui il Paese deve lavorare senza perdere altro tempo.
Con questo lavoro, il report Periferie più giuste, vogliamo non solo evidenziare che esistono oggi esperienze concrete di successo, nate dal basso e realizzate interamente nell’ambito e a favore delle periferie urbane, ma anche favorire una discussione aperta con tutti coloro che sono chiamati a occuparsi delle sfide politiche e culturali che ci aspettano da qui ai prossimi anni e che hanno al centro le aree urbane. Partendo dalle periferie, perché è qui che si addensano gran parte delle fragilità e dei bisogni di cui dobbiamo tener conto per affrontare la sfida della transizione ecologica.
Proposte e aree di intervento
Partiamo dalle nostre proposte, una road map nazionale che abbiamo sviluppato in 6 punti:
1) una politica intersettoriale dedicata alla rigenerazione delle periferie che tenga conto della riqualificazione fisica, sociale e culturale;
2) un’integrazione degli interventi sulle singole abitazioni con quelli a scala di comunità e di quartiere;
3) la garanzia del diritto ad un abitare dignitoso e bassi consumi energetici attraverso politiche pubbliche strutturali e stabili nel tempo, coerenti con la nuova direttiva europea sulle case green;
4) accesso garantito alla “ricchezza comune” come diritto di cittadinanza: accesso a servizi sanitari, sociali, culturali e di istruzione prossimi e di qualità e a tutti quei fattori che nel territorio possono ridurre e compensare le povertà di ricchezza privata, dagli spazi pubblici alla mobilità, al verde, ecc.
5) diritto di accesso all’energia per tutti, contrastando la povertà energetica con politiche strutturali, non affidate solo ai bonus;
6) Contrasto alla povertà educativa attraverso una programmazione che finanzi a livello territoriale i Patti Educativi di Comunità, coinvolgendo i vari soggetti attivi (istituzionali e non) e condividendo la strategia per arricchire le aree periferiche di opportunità educative.
Le storie al centro del report
Tra le buone pratiche citate dal report, rese possibili grazie a una forte sinergia tra istituzioni locali e partecipazione dal basso, raccontiamo di un’Italia in fermento dove le periferie diventano preziosi laboratori di innovazione, accoglienza e inclusione sociale, contrastando disuguaglianze, povertà energetica ed abitativa. Si va da Modena in prima linea contro la povertà energetica all’edilizia sociale di Ferrara al co-housing di Bologna, da Terni con la “cittadella delle associazioni” nata grazie anche all’intervento dell’Ater, a Crotone con il giardino di Pitagora a Barletta con il recupero dei giardini di Baden Powell, area un tempo degradata oggi fiore all’occhiello della città grazie ad un lavoro di inclusività e partecipazione. Da Vicenza con la riqualificazione dell’aula didattica all’aperto del Parco Retrone nel quartiere Ferrovieri nata dall’esigenza di più spazi pubblici condivisi emersa durante la pandemia, per arrivare in provincia di Pescara, a Popoli, con il progetto dell’eolico solidale che si propone di utilizzare la remunerazione dell’energia elettrica prodotta annualmente dal sistema per il finanziamento di attività e opere necessarie per supportare il sistema sociale della collettività del Comune. Tra le grandi città, Roma con il Laboratorio Città di Corviale, Napoli con la prima Comunità energetica Rinnovabile e Solidale (CER), Milano con “Sharing Cities ed EnerPOP” che ha avviato percorsi di accompagnamento per la riqualificazione energetica dei condomini; Palermo culla dei “Cantieri Culturali alla Zisa”, esempio di riconversione di un’area industriale e poi Torino con il modello “Health Equity Audit” per un welfare equilibrato grazie all’articolazione delle strutture sanitarie nel territorio. Uno strumento che permette di valutare le diverse scelte politiche, integrando i dati socio-economici urbani con i processi decisionali degli stakeholder locali.
Il report raccoglie anche una serie di interventi a firma di esperti, sociologi e studiosi.
Buona lettura.
>> Periferie più giuste (pdf)