Anche quest’anno Eni sarà presente al Festival di Sanremo con la sua campagna Plenitude: ma il greenwashing suona male!
Quella di Eni altro non è che un’operazione di inganno nei confronti dei consumatori, visto che l’azienda energetica a prevalente capitale pubblico continua invece a puntare su gas e petrolio, combustibili fossili che stanno distruggendo il pianeta.
La crisi climatica non si combatte con operazioni di facciata come quella che Eni porta avanti da anni anche sul palco del festival della canzone italiana.
Eni continua a pensare unicamente ai propri profitti, in buona compagnia con altre aziende del fossile che tengono in ostaggio gli Stati di tutto il mondo, come hanno dimostrato i recenti i negoziati sul clima a Dubai.
Visualizza questo post su Instagram
Mentre in tutto il mondo si parla di obiettivi di decarbonizzazione, di come sviluppare urgenti azioni di adattamento e mitigazione al surriscaldamento globale, Eni invece continua con le sue attività basate sulle fonti fossili in tantissimi Paesi sparsi per il mondo: dal Golfo del Messico al Venezuela all’Oceano Indiano tra Indonesia e Australia; nel mar Caspio kazako e nel mare di Barents, al largo della Norvegia. E ancora le acque di fronte alle coste africane del Ghana, dell’Angola, della Repubblica Democratica del Congo, del Mozambico. Ma lo fa anche nel Mediterraneo, con perforazioni e nuovi progetti che interessano in Italia l’Adriatico e lo Jonio, dalla Basilicata alla Sicilia, o nei Paesi del Nord Africa e Medio Oriente, come Egitto, Libia, Cipro.
Dove ci sono attività estrattive di fossili c’è Eni: nel sottosuolo di Algeria, Tunisia, Oman, Iraq. Della Russia e del Turkmenistan, ma anche del Regno Unito. E nella foresta amazzonica dell’Ecuador.
Certamente il più grande gruppo industriale italiano e la sua storia, sin dagli anni Cinquanta, ha visto un profondo intreccio con le politiche economiche e di sviluppo interne al Paese e gli affari esteri. Perché́ dal dopoguerra ad oggi petrolio e gas sono stati uno dei motori della crescita economica, ed ENI ha avuto un ruolo centrale nel garantire gli approvvigionamenti con estrazione, raffinazione e distribuzione, assumendo un peso rilevantissimo nella politica estera italiana proprio per queste ragioni.
Ma nel 2018, dopo che il mondo ha deciso di prendere la strada opposta della decarbonizzazione dell’economia con l’Accordo di Parigi sul Clima, ENI sta davvero andando nella direzione giusta?
Noi crediamo proprio di NO!
Non a caso Eni, solo nel 2022, ha chiuso il suo bilancio record con un utile netto consolidato di oltre 13 miliardi di euro, scoprendo sempre nello stesso anno nuove risorse fossili pari a 759 milioni di barili di petrolio equivalente, arrivando a produrre 46,7 miliardi di mc di gas.
Pensiamo che questa strada sia sbagliata e chiediamo al Governo italiano di essere coerente con gli impegni sottoscritti a livello internazionale. Di sicuro continuare con una Eni nemica del Pianeta è uno scenario inaccettabile e ci batteremo insieme ad associazioni, movimenti e cittadini per impedirlo.
Per contrastare la crisi climatica occorre prima di tutto avviare il phasing-out delle fossili, su cui l’Italia è in grave ritardo, e accelerare il passo della transizione ecologica mettendo al centro le rinnovabili e puntando su efficienza energetica, accumuli e reti. L’Italia ha, infatti, tutte le carte in regola per diventare l’hub europeo delle rinnovabili e un esempio per gli altri Paesi. Per farlo serve volontà politica e interventi concreti, a partire dalla fine dei sostegni economici, tramite sussidi, a chi sta distruggendo il pianeta!