Le dipersioni di metano in atmosfera sono un tema poco conosciuto ma fonfamentale per il raggiungimento degli obiettivi climatici. Su 45 impianti fossili monitorati in Italia trovate emissioni di metano in 34 (il 75,5%).
Il clima ha un nemico silenzioso, di cui poco si parla ma che è il secondo responsabile del surriscaldamento globale dopo l’anidride carbonica: il metano. Il suo effetto climalterante quando immesso in atmosfera, infatti, può essere fino a 86 volte più potente di quello della CO2.
Le dispersioni dirette di metano nell’atmosfera hanno luogo in diversi settori, tra cui quello energetico. Infatti, lungo l’intera filiera del gas fossile si hanno perdite strutturali. Queste si verificano per esempio nei pozzi di estrazione, nelle raffinerie, nei gasdotti, nelle centrali di compressione, nei centri di stoccaggio e negli impianti di rigassificazione. Un enorme spreco di risorse oltre che una minaccia per il clima.
Nella lotta alla crisi climatica, l’Italia quindi deve fare i conti anche con il problema delle dispersioni di metano in atmosfera da impianti che trattano fonti fossili. Una questione su cui il Paese deve intervenire al più presto, a partire dal settore energetico, dotandosi anche di una normativa stringente per rendere monitoraggi e controlli obbligatori negli impianti.
l’Italia si conferma hub degli sprechi del gas metano dagli impianti a fonti fossili e ancora sprovvista di normative e misure stringenti in tema di monitoraggi, controlli e interventi delle perdite. Questo in estrema sintesi è quanto denunciamo alla luce dei dati raccolti attraverso i monitoraggi effettuati nell’ambito della campagna “C’è puzza di gas. Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso” realizzata con il supporto di Clean Air Task Force (CATF), sui rischi delle dispersioni e sprechi di gas metano in cui abbiamo portato alla luce numerose criticità rispetto allo stato di manutenzione delle infrastrutture fossili.
Leggi il nostro report >> C’è Puzza di gas 2024
Sintesi dei dati
Secondo i dati che abbiamo raccolto insieme a CATF, tra gennaio e maggio 2024, su 45 impianti a fonti fossili monitorati in Abruzzo, Lombardia e Piemonte (grazie alla termocamera per la rilevazione ottica di gas “FLIR GF320”) sono state trovate emissioni di gas metano in ben 34 (il 75,5%), per un totale di 120 punti di emissione, di cui 35 casi di venting (rilascio diretto in atmosfera) e 85 perdite da differenti componenti delle infrastrutture (bulloni, valvole, giunture, connettori, contatori), legate spesso a una bassa o scarsa manutenzione. In otto giorni di analisi (condotte sul suolo pubblico) trovati in Lombardia emissioni significative in 14 impianti su 19 monitorati, 12 su 15 monitorati in Piemonte, 8 su 11 in Abruzzo. Tra gli impianti più critici in Lombardia la Centrale di stoccaggio di Sergnano (CR), quella di Settala (MI) e la Stazione di Valvola di Caviaga (LO): rispettivamente con 15 punti di emissione (10 perdite e 5 venting), 5 (1 perdita e 4 venting) e 5 perdite; in Piemonte l’impianto di regolazione e misura di Pernate (NO) con almeno 10 perdite e 2 venting e l’impianto REMI nei pressi di Gravellona Toce (VB) con 10 perdite; in Abruzzo l‘impianto REMI di San Salvo (CH), con 13 perdite e 1 caso di venting e quello di Casalforzato (CH) con 7 perdite e 1 venting.
Per approfondire leggi il nostro comunicato stampa
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