Non solo limite di velocità ma anche rigenerazione urbana per città più vivibili: presentato in Parlamento il disegno di legge promosso dal cartello di associazioni #citta30subito.
Il disegno di legge “Norme per lo sviluppo delle Città 30 e l’aumento della sicurezza stradale nei centri abitati” è una proposta messa in campo da varie associazioni – tra cui Legambiente, FIAB, Salvaiciclisti, Kyoto Club, Amodo, Clean Cities Campaign, Asvis, Fondazione Michele Scarponi – che è stato recepito dai parlamentari di un ampio schieramento di forze politiche guidate da Pd, Avs, Azione-IV per offrire una cornice quadro nazionale per le città e i centri abitati al fine di ripensarli con un nuovo modello.
La legge propone in un corpus di 18 articoli una visione organica di Città 30, non solo come abbassamento del limite di velocità, ma anche come ridisegno delle strade urbane, maggiori controlli ed educazione.
Vengono recepite tre delle norme europee più avanzate: quella spagnola, sulla riduzione diffusa della velocità a 30 km/h in tutti i centri urbani, quella inglese sulla gerarchia delle responsabilità degli utenti della strada in proporzione alla potenzialità di indurre un danno agli altri, e quella francese sulla promozione di una cultura della mobilità sostenibile negli spot tv. Il cuore della legge è l’inversione fra regola ed eccezione nei limiti di velocità urbani rispetto al codice della strada attuale: al posto dei 50 km/h validi in generale eccetto le “zone 30”, la norma in città diventano i 30 km/h, eccetto solo gli assi classificati dai Comuni come di scorrimento veloce, con almeno due corsie per senso, mantenuti a 50 km/h.
Ma la legge indica anche risorse, strumenti e semplificazioni per adeguare le norme sulla viabilità e sull’infrastruttura stradale alla moderazione del traffico e della velocità, al rafforzamento dei controlli, all’aumento del rispetto delle regole di comportamento sulla strada e alla diffusione di campagne di educazione, informazione e comunicazione rivolte alla cittadinanza e a tutti gli utenti.
Sicurezza stradale in Italia, il problema è la velocità e in città
Sono le città il teatro del 73% degli incidenti, che per oltre la metà dei casi vedono come cause principali l’eccesso di velocità, che sulle strade urbane è la prima in assoluto degli incidenti mortali, la mancata precedenza ai pedoni sugli attraversamenti e la guida distratta. Ed è dall’abbassamento del limite generale di velocità in città che è necessario partire per ridurre la strage stradale che in Italia ha numeri impressionanti: di media perdono la vita quasi 9 persone al giorno, senza contare i feriti gravi (500 casi giornalieri). Basti pensare che nel solo 2021 hanno perso la vita 566 ragazzi, a cui si sono aggiunti oltre 60mila feriti, attestando gli incidenti stradali come prima causa di morte in Italia tra i 15 e i 29 anni.
Città 30, i risultati delle città europee
Mentre sulle strade italiane si registra un morto ogni tre ore e un ferito ogni 2,5 minuti – il 50% delle vittime sono pedoni e ciclisti – le città europee che hanno scelto di investire sulla moderazione della velocità registrano dati rilevanti a breve termine (In Italia il 44% delle vittime lascia la vita in incidenti in città, contro una media europea del 38%). L’introduzione del limite di velocità urbano nelle metropoli del Vecchio Continente ha contribuito a ridurre gli incidenti sulle strade. La funzionalità del provvedimento diffuso trova infatti conferma in alcune esperienze già attuate e collaudate in Europa, dove sono state introdotte le città 30, da Grenoble in Francia a Graz in Austria, alla Città metropolitana di Bruxelles in Belgio, da Londra in Gran Bretagna a molte città spagnole e in Scozia. Nella capitale del Regno Unito, dopo l’approvazione dei limiti di 20 mph, le morti sulle strade si sono ridotte del 25%, mentre gli investimenti di pedoni si sono abbassati del 63%; a Bruxelles invece, dopo un anno dall’inaugurazione della “città 30 km/h”, avvenuta nel gennaio 2021, sono diminuiti del 28% gli incidenti e del 50% i morti e feriti gravi. Nella città di Edimburgo, l’attuazione del limite di velocità da 30 mph a 20 mph ha contribuito a tagliare del 40% il numero degli incidenti e del 33% il numero di feriti, aumentando anche il consenso delle persone da quando è stato introdotto il limite di velocità.
Cosa dicono le associazioni #citta30subito
“La proposta di città30 non è solo il modo più efficace di ridurre i morti in strada, ma anche una straordinaria occasione di rigenerazione urbana, come dimostra anche la città di Bologna, il primo grande centro italiano che si è mosso concretamente in questa direzione. Per moderare la velocità è infatti necessario modificare lo spazio stradale in maniera infrastrutturale, realizzando riprogettazioni delle aree pubbliche che rendano immediatamente riconoscibile la città 30 e che cambino in maniera sostanziale l’uso della città e le abitudini di mobilità, creando un contesto urbano dove convenga vivere. Le città 30, attraverso la moderazione della velocità e la condivisione di strade e spazi pubblici in modo sicuro, offrono una soluzione sistemica a diversi ordini di problemi che affliggono le nostre città, come la circolazione urbana, la crisi climatica, lo spazio pubblico e la violenza stradale. Grazie a questa pratica innovativa, sarà possibile fornire risposte alle stragi che ogni giorno si consumano nelle nostre strade attraverso la prevenzione e la rivoluzione del paradigma della mobilità urbana, come insegna da tempo l’esempio positivo delle città europee che già l’hanno introdotta, dando attuazione al Piano Nazionale Sicurezza Stradale 2030 approvato la scorsa legislatura che identifica la sicurezza stradale come un prerequisito per garantire una vita sana, promuovere il benessere e rendere le città inclusive, sicure, resilienti e sostenibili. Al contrario della proposta del Ministro Salvini, che colpisce solo gli abusi alla guida e si accanisce contro la mobilità sostenibile, le città 30 km/h possono svolgere efficacemente la funzione di colmare un imperdonabile ritardo tutto italiano che costa ogni giorno vite umane”.