Dopo più di vent’anni di lunga ed estenuante attesa e di battaglie che hanno visto Legambiente in prima linea, finalmente nel 2015 nel nostro codice penale compaiono per la prima volta i delitti ambientali.
Il 19 maggio è una data importante nella storia del nostro Paese. Una ricorrenza che Legambiente ricorda ogni anno con una, legittima, soddisfazione: in quel giorno del 2015, giusto otto anni fa, il Senato della Repubblica approvava, infatti, in via definitiva l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel nostro Codice penale. Una riforma di civiltà, così la definimmo allora, chiesta invano a gran voce per 21 anni, giusto quelli trascorsi dalla presentazione, nel dicembre del 1994, del primo Rapporto Ecomafia. Difficile dimenticare i momenti di tensione, vissuti in particolare insieme a Stefano Ciafani, allora vicepresidente nazionale di Legambiente, in uno dei palchetti destinati al pubblico nell’aula di Palazzo Madama. La gioia trattenuta, dopo la proclamazione del voto da parte del Presidente del Senato, Pietro Grasso. E quella, incontenibile, condivisa a piazza Navona con tutti i protagonisti legambientini di quel risultato raggiunto con determinazione e testardaggine, dopo tante delusioni: da Ermete Realacci (uno dei primi firmatari dei disegni di legge poi confluiti in un testo unico, insieme a quelli di Salvatore Micillo del Movimento 5 Stelle e Serena Pellegrino, deputata di Sinistra ecologia e libertà) a Rossella Muroni, allora direttrice generale dell’associazione.
I nuovi delitti, dall’inquinamento al disastro ambientale fino all’omessa bonifica, avrebbero dovuto “mettere in ginocchio” le imprese, secondo l’ostruzionistica posizione di Confindustria. Un’interpretazione, smentita dai fatti. I dati dell’ultimo Rapporto Ecomafia, elaborati dal ministero della Giustizia, fotografano un diffuso e impegnativo lavoro della magistratura, a cominciare dalle Procure, con 5.514 procedimenti penali aperti, 15.085 persone denunciate, 5.130 ordinanze di custodia cautelare emesse fino al 31 dicembre del 2021. Tante denunce, come quelle per l’inquinamento da Pfas in Veneto, sono diventate processi, con imputati chiamati a rispondere delle accuse di inquinamento o disastro ambientale. E sono arrivate anche le prime sentenze definitive, come quella per la gestione criminale della discarica Resit, in provincia di Caserta. Nel frattempo la tutela dell’ambiente, oltre che nel Codice penale, è entrata anche nella nostra Costituzione. I cittadini hanno più voce per reclamare i loro diritti. E pure le imprese, quella sane, lavorano meglio.