Ponte sullo stretto di Messina: emendamento del Governo e rimodulazione dei fondi

Legambiente: “L’insostenibile Ponte sullo Stretto di Messina continua a sottrarre preziose risorse destinate alle vere priorità del Sud Italia e dell’intero Paese.

Un vulnus insopportabile non solo per Calabria e Sicilia ma per l’intero Paese, nel quale ci sono questioni sempre più̀ urgenti da affrontare, a partire dalla sfida della decarbonizzazione del settore dei trasporti”.

Il grande bluff del Ponte sullo Stretto di Messina si sta rivelando in tutta la sua evidenza. L’insostenibile opera continua a sottrarre le risorse destinate alle vere priorità del Sud Italia e dell’intero Paese. È quanto denuncia Legambiente che commenta così la rimodulazione dei fondi a disposizione per il Ponte sullo Stretto prospettata con l’ultimo emendamento alla Manovra voluto da Palazzo Chigi. L’emendamento in questione dirotta, infatti, sul Ponte sullo stretto 1,6 miliardi dal Fondo di Coesione e Sviluppo gestito da Sicilia e Calabria e 718 milioni di euro dai finanziamenti gestiti dai ministeri e destinati in gran parte a progetti per il Sud Italia. Risorse destinate per recuperare il divario infrastrutturale e sociale del Mezzogiorno d’Italia e delle aree interne del Paese dato che il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è, congiuntamente ai Fondi strutturali europei, lo strumento finanziario principale attraverso cui vengono attuate le politiche per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e sociali in attuazione dell’articolo 119, comma 5, della Costituzione italiana e dell’articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

“Il Ponte sullo Stretto, opera economicamente e ambientalmente insostenibile, continua a drenare risorse pubbliche preziose e che rischiano di creare un buco nero nelle casse del Paese. Il Ponte- dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – costerà allo Stato circa 15 miliardi di euro, tra opera principale e di collegamento, con tutta probabilità destinati a lievitare visti anche i lunghissimi tempi di realizzazione. Un vulnus insopportabile non solo per Calabria e Sicilia ma per l’intero Paese nel quale ci sono questioni sempre più̀ urgenti da affrontare, proprio a partire dalla sfida della decarbonizzazione del settore dei trasporti. Se il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini pensa di essere ricordato dalla storia per la costruzione del Ponte, farebbe meglio ad agire sui reali problemi di mobilità del Sud Italia e dell’intero Paese”.

“Nel Sud Italia, in particolare, circolano meno treni, i convogli sono più vecchi – con un’età media di 18,5 anni, – e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. Per colmare il gap ancora esistente e superare l’annosa questione meridionale – dichiarano Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria e Tommaso Castronovo, presidente Legambiente Sicilia -, bisogna realizzare opere e infrastrutture di collegamento, moderne e sostenibili, potenziando, elettrificando ed efficientando la rete ferroviaria, aumentandone la sicurezza, acquistando nuovi treni e offrendo un maggiore servizio”.

La sottrazione delle risorse alle vere priorità del Paese è un problema molto evidente in Calabria e Sicilia ma che riguarda l’intera Italia: dai dati del rapporto Pendolaria 2023, risulta chiara l’arretratezza del trasporto su ferro rispetto agli altri Paesi europei: tra il 2018 e il 2022 le inaugurazioni di nuovi binari in città sono state totalmente inadeguate, con solo un chilometro e mezzo all’anno di nuove metropolitane e solo 2,1 km all’anno di nuove tranvie.

Per affrontare il problema è fondamentale che il tema dei pendolari e del trasporto su ferro diventi una priorità. Per questo Legambiente chiede a livello nazionale maggiori risorse economiche, pari a 500 milioni l’anno, per rafforzare il servizio ferroviario regionale e 1,5 miliardi l’anno per realizzare linee metropolitane, tranvie, linee suburbane. Si tratta complessivamente di 2 miliardi di euro all’anno fino al 2030, necessari anche per rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e del loro azzeramento entro il 2050.

Servono, quindi, risorse economiche che diventeranno, invece, sempre più̀ concentrate verso la faraonica opera del Ponte sullo Stretto di Messina. Basti pensare che rispetto ai finanziamenti da contratto di programma RFI 2022-2026 per le opere ferroviarie da realizzarsi in Calabria e Sicilia, mancano all’appello ancora svariati milioni di euro: rispettivamente 56,7 milioni per l’upgrading infrastrutturale e tecnologico dei nodi di Reggio Calabria e 115 milioni ciascuno per quelli di Catania e Palermo, 150 milioni per la velocizzazione dell’attraversamento dinamico dello Stretto di Messina, 44 milioni per la velocizzazione Catania-Siracusa, 180 milioni per il potenziamento ed elettrificazione della linea Sibari-Catanzaro Lido-Lamezia Terme, 44 milioni per la velocizzazione Catania-Siracusa.

Inoltre, alcune opere in corso di realizzazione, scontano enormi ritardi come l’elettrificazione della linea Jonica in Calabria nella tratta Sibari-Catanzaro Lido, i cui lavori dovevano concludersi entro il 2023 (per un costo di 500 milioni di euro incluse le soppressioni dei passaggi a livello e il rinnovo delle stazioni) e che ora hanno come data di realizzazione il 2026. Oppure, in Sicilia, dove la ferrovia della costa jonica attende da molti anni lavori di potenziamento e raddoppio e da decenni si attende il completamento dell’anello ferroviario di Palermo, che non vedrà la sua apertura prima del 2028. Si tratta di opere infrastrutturali necessarie a connettere il Paese e a creare, nel Mezzogiorno ma nell’interesse di tutto il sistema Italia, lavoro e sviluppo in regioni dalle quali si continua ad emigrare, per realizzare le quali le risorse economiche devono essere investite nella maniera corretta.