Mobilità urbana, Italia ferma al palo

Mentre nelle città europee è sempre più facile e veloce spostarsi sui binari di metro e tranvie, in Italia lo sviluppo del trasporto urbano è lento e inadeguato e ci costringe a rimanere ostaggi del traffico. 

Le città italiane continuano a mostrare le stesse problematiche di invivibilità e insalubrità di cui si parla ormai da troppo tempo. Dati alla mano, abbiamo fatto il punto della situazione con il nostro report Pendolaria – Speciale aree urbane” da cui emerge con chiarezza che siano sono ancora sotto scacco di traffico e smog. D’altronde la Penisola si conferma la nazione più legata all’utilizzo dell’auto – 666 auto ogni mille abitanti, il 30% in più rispetto alla media di Francia, Germania e Spagna – una situazione che incide pesantemente anche sulla salute, con  50.000 morti premature all’anno dovute all’inquinamento atmosferico.

In questo contesto, e lo ribadiamo a gran voce,  il ritardo infrastrutturale italiano rispetto agli altri grandi Paesi europei è enorme. A mancare non sono le autostade ma reti di trasporto pubblico veloci e capillari. E i numeri danno da riflettere: in Italia la lunghezza totale delle linee di metropolitane si ferma a poco meno di 256 km totali, ben lontano dai valori di Regno Unito (680,4 km), Germania (656,5) e Spagna (615,6). Il totale di km di metropolitane nella nostra Penisola è inferiore, o paragonabile a quello di singole città europee come Madrid (291,3) o Parigi (225,2). Riguardo le tranvie, in Italia ci sono 397,4 km di tranvie assai lontani dagli 875 km della Francia e soprattutto dai 2.042,9 km della Germania. Analoga situazione per le ferrovie suburbane, quelle prese ogni giorno da tanti pendolari, dove l’Italia è dotata di una rete totale di 740,6 km mentre sono 2.041,3 quelli della Germania, 1.817,3 km nel Regno Unito e 1.442,7 in Spagna.

Tra le città, Roma è tra le peggiori in Europa in termini di dotazione di binari di metro. Parliamo di 1,43 km ogni 100mila abitanti, ben lontani da altre capitali quali Londra (4,93), Madrid (4,48), Berlino (4,28).

Sul fronte investimenti su ferro, l’Italia ha fatto ben poco preferendo quello su gomma. Nel 2023 non è stato inaugurato nemmeno un chilometro di nuove tranvie, mentre l’unica aggiunta alla voce metropolitane riguarda l’apertura di un nuovo tratto della M4 a Milano. E se si guarda indietro negli anni, dal 2016 al 2023 sono stati realizzati appena 11 km di tranvie e 14,2 di metropolitane, con una media annua rispettivamente di 1,375 km e 1,775 km, ben lontani da quanto sarebbe necessario per recuperare la distanza dalle dotazioni medie europee.

Le città italiane sono, dunque, ferme al palo, mentre l’Europa viaggia sempre più velocemente su ferro.

La condizione minima per avviare il  recupero di questo ritardo sta nella volontà politica di compiere uno sforzo economico fino al 2030: aggiungendo nuove risorse –  pari a 1,5 miliardi l’anno per realizzare linee metropolitane, tranvie, linee suburbane – recuperando i fondi dalle tante infrastrutture autostradali e stradali previste, rifinanziando i fondi per il trasporto rapido di massa e la ciclabilità completamente svuotati dal governo Meloni, evitando di sprecare ulteriori risorse per opere faraoniche come il Ponte sullo Stretto.

E l’obiettivo finale non deve essere solo quello di aumentare la dotazione infrastrutturale di per sé ma trasformare le nostre città, rendendole finalmente moderne e vivibili con tutti i vantaggi che arriverebbero di conseguenza per l’ambiente, l’economia, il turismo. Questo è lo scenario di cambiamento e innovazione a cui dobbiamo guardare per ridare speranza a milioni di pendolari che ogni giorno entrano o si muovono attraverso le città sprecando ore bloccati nel traffico o su un servizio pubblico lento e inadeguato.

Per approfondire leggi il report Pendolaria – Speciale aree urbane 2024
>> il nostro comunicato stampa



Gabriele Nanni

Gabriele Nanni

Gabriele Nanni, geografo, è curatore del rapporto annuale sul trasporto ferroviario "Pendolaria", lavora presso l’ufficio scientifico nazionale di Legambiente occupandosi anche dei temi degli impatti dei cambiamenti climatici e dell'adattamento.


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