Decreto qualità dell’aria. Legambiente: “Ancora una volta un’occasione persa.”

“Per migliorare la qualità dell’aria nel nostro Paese serve un piano nazionale contro l’inquinamento atmosferico e piani regionali coerenti tra loro insieme a misure efficaci e strutturali che mettano al centro i veri problemi che sono la causa di una cattiva qualità dell’aria e che vedono coinvolti settori importanti come la mobilità, l’agricoltura e la zootecnia e il riscaldamento residenziale”.

Non convince la conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, recante “misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell’aria e limitazioni della circolazione stradale” così come approvato, con modifiche, in questi giorni dal Senato ed ora in attesa dell’approvazione dalla Camera.

Per Legambiente sono diversi i punti dolenti che emergono dal decreto e su cui l’associazione ambientalista pone l’attenzione:

  • Non è una misura organica, risolutiva ed efficace come richiesto dall’Europa per non proseguire con le procedure di infrazione in essere;
  • risponde – ma in maniera inadeguata – ad alcune situazioni relative solo alle regioni del bacino padano, quando la valenza dei provvedimenti dovrebbe riguardare almeno tutti i territori in procedura di infrazione;
  • è stata usata per introdurre una misura per rimettere in pista un progetto già morto perché bocciato senza appello dalla commissione VIA nazionale, quello relativo all’ampliamento dello scalo di Malpensa, con la assurda giustificazione che l’aumento dell’area logistica aeroportuale permetterebbe di migliorare la qualità dell’aria spostando parte del trasporto su gomma per via aerea!
  • si segnala anche l’introduzione di un finanziamento da 33 milioni di euro ai comuni per realizzare “aree di sosta camper” al fine di incentivare il turismo all’aria aperta, sperando possa essere valutato da Bruxelles come misura efficace.

“Il decreto sulla qualità dell’aria commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente –  rappresenta ancora una volta un’occasione persa. Per migliorare la qualità dell’aria nel nostro Paese non servono misure vaghe, inefficaci e spesso contrastanti tra loro, ma una serie di misure efficaci, strutturali, che mettano al centro i veri problemi che sono la causa di una cattiva qualità dell’aria e che vedono coinvolti settori importanti come la mobilità, l’agricoltura e la zootecnia e il riscaldamento residenziale. Serve un piano nazionale contro l’inquinamento atmosferico e piani regionali coerenti tra loro. Quella che è mancata fino ad oggi, in particolare nelle regioni più colpite dal problema, ovvero quelle del Nord, è proprio la tempestività e l’efficacia degli interventi volti ad agire in modo mirato sulla riduzione delle emissioni, atteso che invece l’efficacia delle misure di natura emergenziale risulta del tutto marginale nell’affrontare un problema che ha cause ormai molto chiare e strutturali”.

Legambiente ricorda che l’Italia ha al momento attive ben tre procedure di infrazione per tre inquinanti come il PM10, PM2.5 e il biossido di azoto (NO2). Gli agglomerati chiamati in causa sono diversi e sono maggiormente concentrati nel nord del Paese (ma non solo); si va dalla valle del Sacco al territorio ricadente tra Napoli e Caserta, dalla zona di Pianura ovest e Pianura Est in Emilia Romagna all’agglomerato di Milano, Bergamo, Brescia, Roma, Venezia, Treviso, Padova, Vicenza, Verona, Torino, Palermo, dalle zone di Prato-Pistoia, Valdarno Pisano e Piana Lucchese, Conca Ternana, zona costiera collinare di Benevento all’area industriale della Puglia. Tutti territori dove la salute dei cittadini è stata messa sistematicamente a rischio per le elevate concentrazioni degli inquinanti atmosferici.

Nel corso dei diversi contenziosi con l’Europa in materia di inquinamento atmosferico, sono state giudicate spesso “non sufficienti ed efficaci” le misure adottate dall’Italia per ridurre nel più breve tempo possibile tali criticità, come richiesto dalla normativa. E questo decreto commette gli stessi sbagli perpetrati fino ad oggi dai precedenti governi e dalle regioni. È sbagliata l’imposizione del rinvio del blocco alla circolazione dal 2024 dei veicoli diesel Euro5; una misura in programma, ad esempio, in Piemonte già a partire dal settembre di quest’anno e che è stata volutamente disinnescata con tale provvedimento. Non considerando come le elevate concentrazioni di NO2 siano dovute prevalentemente dalla combustione dei motori diesel e il settore principalmente responsabile di tali emissioni è proprio quello del trasporto su strada.

Ben venga la richiesta fatta alle regioni del bacino padano (Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto) di aggiornare i piani di qualità dell’aria entro dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto, ma perché non estendere, allora, tale compito a tutte le Regioni che hanno in corso una procedura di infrazione sul mancato rispetto della qualità dell’aria? Questa mancanza sembra essere un modo per mettere le mani avanti da parte del Governo nei confronti delle regioni padane quando inesorabilmente arriverà la sanzione economica ai danni dell’Italia da parte dell’Europa e che verrà rigirata alle regioni responsabili.

“Gravida di pericolose conseguenze la scelta forzata di definire “strategico” l’ampliamento dell’aeroporto di Malpensa, con l’obiettivo di ridurre il traffico su gomma spostandolo utilizzando quello aereo. Si tratta – spiega Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – di una chiara elusione della normativa in materia di Valutazione di Impatto Ambientale, dal momento che sul progetto pesa un decreto definitivo a firma del Ministro dell’Ambiente, che recepisce gli stroncamenti effettuati dalla Commissione VIA dopo lunga e approfondita istruttoria. La norma autocertifica invece la violazione del diritto comunitario sulla procedura VIA, e da ciò non potrà che discendere un deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea”. Inoltre le emissioni da traffico passeggeri e merci, aumentano e non diminuiscono a causa della presenza di grandi hub aeroportuali come Malpensa: sia a causa delle elevate emissioni, soprattutto in fese di decollo e atterraggio, degli aerei, sia a causa della forte attrazione di traffico autoveicolare, sia merci che passeggeri, in prossimità degli aeroporti. Una misura insensata: la Francia, per esempio, vieta i voli aerei lungo le rotte verso città servite da linee ferroviarie veloci.