Goletta Verde, come andò nel 1994

Essendo una capra tibetana nell’uso del computer, non riuscivo a ricordare in quale anno le due golette, la Catholica in Adriatico e la Pietro Micca nel Tirreno,  navigarono senza alcuno sponsor, cioè a totale carico della Legambiente. Decidemmo per finanziare quella che io continuo a considerare la più importante campagna dell’associazione puntando sulla vendita, a trentamila lire l’una, di borse bianche da mare, in cotone non trattato, firmate da Moschino.

C’era anche il solito, generalmente deludente, incasso che ci portava il banchetto con vestitini e magliette. Una vera e propria avventura che se falliva avrebbe di certo mandato l’associazione in rovina.  Poi aiutato nella ricerca ho scoperto che era l’edizione del 94. Prima di raccontare come andò mi sono chiesto perché per dire che sono un imbranato col computer ho usato la povera capra tibetana e mi sono domandato perché si associano sempre le nostre incapacità a qualche animale, oche, capre, cani, serpenti e ho concluso che forse ci sopravalutiamo.

Comunque sia la decisione la prese un direttivo. Al termine delle conclusioni Ermete Realacci ci annunciò la scelta e il nostro compianto direttore di allora, Mario di Carlo estrasse da sotto il tavolo la borsa e ce la mostrò. Ovviamente nessuno osò contestare la decisione e così l’avventura cominciò e se siamo ancora qui a dare fastidio agli inquinatori diciamo che ben finì. Io che avevo una lunga esperienza di festival dell’Unità e soprattutto di lavoro porta a porta per sottoscrizioni al giornale il Manifesto le misi a disposizione dell’associazione. Mi imbarcai come sempre sulla Catholica, soprattutto mi riuscì di venderne moltissime, tanto che Legambiente mi fece una festa e mi regalò come premio un cigno in terracotta.

Per essere incisivi dicevamo a chi veniva a vedere la barca e ovviamente ci faceva i complimenti, che se avesse comprato una borsa avrebbe permesso a goletta di fare tot miglia di mare fino a compiere fino in fondo il consueto monitoraggio. La gente si sentiva coinvolta e alla fine comprava. Una piccola considerazione su cui riflettere. Per la prima volta il famoso “banchetto” assumeva la stessa rilevanza dei risultati delle nostre analisi e i legambientini che salirono a bordo con quella funzione, sentirono l’importanza di ciò che facevano, anche perché in quel lavoro era coinvolta tutta la squadra a cominciare dal portavoce per finire allo stesso equipaggio marinaro. Un ultimo episodio che invece mi colpì. Stavo raggiungendo la goletta con il glorioso Porter della Piaggio, carico di borse e materiale per il banchetto e fui fermato dalla polizia al casello di Orte.  Mi scambiarono per un fornitore di “Vu cumprà” che gli portava senza bolla di accompagnamento. la merce. Non capivano cos’era questa Legambiente. Si convinsero a lasciarmi andare quando dissi che portavo il carico a Goletta Verde. Conoscevano più la barca dell’associazione che la promuoveva. Spero che le cose siano migliorate.



Massimo Serafini

Massimo Serafini

Fra i fondatori del quotidiano Il Manifesto. È stato uno dei protagonisti della discussione parlamentare sulle scelte energetiche del Paese, dopo l'incidente di Chernobyl. Tra i promotori del primo referendum antinucleare il cui esito positivo portò alla rinuncia dell'Italia alle centrali nucleari. Con Legambiente dal 1992. Per anni portavoce di Goletta Verde


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