Massimo ribasso, subappalti senza limiti, controlli inefficaci trasformano il decreto in un ‘liberi tutti’.
“Il primo atto del governo dopo l’invio a Bruxelles del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza sta prendendo una piega che ci preoccupa molto. Da mesi sottolineiamo che il percorso per la modernizzazione del nostro Paese passa attraverso la semplificazione degli iter autorizzativi per realizzare le opere e gli impianti necessari alla riconversione ecologica, un sistema di controlli efficaci, la condivisione con il territorio e il rispetto delle politiche europee. Le bozze del decreto semplificazioni al centro del dibattito di questi giorni rischiano, invece, di far fallire la missione affidata al governo Draghi (realizzare presto e bene le opere della transizione ecologica italiana) e di aprire una pericolosa stagione di ‘assalto’ alle risorse pubbliche in un’ottica di ‘liberi tutti’”. Così il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, sulla bozza del Decreto Semplificazioni su cui sta lavorando il governo.
Secondo Legambiente, sul fronte degli appalti il nostro Paese farebbe un gravissimo errore nella gestione delle risorse pubbliche tornando all’era del “massimo ribasso” e garantendo la liberalizzazione dei subappalti senza limiti. Un sistema che fa venir meno la qualità delle opere, ha fatto da moltiplicatore dei fenomeni corruttivi, ha spalancato le porte alle ecomafie e, con il micidiale meccanismo delle varianti ha finito per moltiplicare i costi di realizzazione delle opere pubbliche. Non a caso l’allora presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, lo definì come “un sistema da considerare oggettivamente pericoloso”. Il massimo ribasso, peraltro, mette in discussione l’efficacia dei Criteri ambientali minimi (obbligatori in Italia dal 2016) e del Green public procurement, confermato dalla stessa Commissione europea tra i criteri di valutazione degli investimenti previsti dal Next Generation EU.
Nel Rapporto Ecomafia 2020 l’associazione ha segnalato l’incremento dei reati relativi al ciclo del cemento, che riguardano anche gli appalti pubblici, e ben 134 inchieste per corruzione in materia ambientale, dal gennaio 2019 all’ottobre 2020, con 780 persone arrestate e ben 41 procure impegnate in indagini. Una situazione già delicata del punto di vista della legalità, che richiede, semmai, un deciso rafforzamento dei controlli, a cominciare da quelli svolti dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente – che non è l’ennesimo ente di ricerca ma è il soggetto istituzionale nato per integrare le competenze sui controlli di Ispra con quelle delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente – di cui invece nelle attuali bozze del Dl semplificazioni non c’è traccia.
L’accelerazione delle procedure autorizzative e della realizzazione delle opere utili alla transizione ecologica del Paese, infatti, si mette in pratica non solo mettendo in campo le adeguate semplificazioni ma anche potenziando l’organico che fa le istruttorie sui progetti presentati nell’ambito del PNRR e rendendo uniformi su tutto il territorio nazionale le azioni di prevenzione, controllo e repressione del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA), istituito con la legge 132/2016. L’SNPA ha un ruolo fondamentale in materia di controlli ambientali, in fase repressiva e preventiva, per superare il problema cronico della rete dei monitoraggi pubblici a macchia di leopardo. La riforma prospettata dalla legge 132/2016 va in questa direzione, ma bisogna attuarla in concreto e subito con i decreti attuativi, senza ulteriori ritardi, garantendo anche più risorse economiche per potenziare i controlli pubblici.
Per procedere speditamente è altrettanto importante prevedere anche l’obbligatorietà degli strumenti partecipativi per tutte le opere previste dal PNRR, in modo tale da coinvolgere i territori sulla loro realizzazione, rivedendo la normativa sul Dibattito pubblico e sull’Inchiesta pubblica.
“La parte più significativa delle risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza – aggiunge Stefano Ciafani – è destinato alla transizione ecologica ed è facile immaginare quali appetiti sta scatenando l’attesa degli inventi investimenti previsti. Sappiamo per esperienza che le mafie sono pronte ad approfittare di qualsiasi occasione si presenti, compresa la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (dall’eolico alle biomasse), la bonifica di siti contaminati, la gestione dei rifiuti, le infrastrutture per la mobilità. Nel corso degli anni abbiamo censito ben 371 clan con interessi diretti nelle diverse filiere dell’ecomafia e non possiamo permettere, confondendo la semplificazione con la “deregulation”, che lo sforzo straordinario a cui è atteso il nostro Paese nei prossimi anni sia vanificato da questi interessi illegali o criminali”.