Legambiente, AIIAD, CIRF e WWF scrivono al ministro Cingolani.
Sebbene gli ecosistemi acquatici contribuiscano in modo determinante al mantenimento della biodiversità del pianeta Terra custodendo il 35% delle specie note di vertebrati, essi sono anche i più minacciati dai vari fattori di impatto antropico e il declino della biodiversità qui è molto più rapido che altrove: ad esempio, per l’immediato futuro è stato previsto un tasso di estinzione molto più elevato per la fauna d’acqua dolce (circa il 4% per decade) rispetto a quello degli ecosistemi terrestri e marini (circa l’1% per decade).
L’Italia costituisce una delle aree più importanti in Europa per la conservazione della biodiversità delle acque interne. L’eterogeneità del paesaggio e la presenza di barriere montuose hanno favorito l’esistenza di una grande ricchezza di specie, minacciate però dagli impatti antropici, fra i quali l’introduzione delle specie esotiche è uno dei più importanti.
Nonostante il valore di questo patrimonio da tutelare e valorizzare, la FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva Attività Subacquea e Nuoto Pinnato) ha manifestato la propria contrarietà al decreto (Decreto direttoriale della DG PNA del 2 aprile 2020) che stabilisce i criteri per le immissioni delle specie ittiche nei fiumi anche ai fini della pesca sportiva e del turismo, considerandolo eccessivamente restrittivo e limitante rispetto alle consuete attività di ripopolamento effettuate a livello nazionale svelando, di fatto, l’usuale pratica di immettere specie esotiche non controllate nelle acque interne.
Per questo motivo Legambiente, WWF, AIIAD (Associazione italiana ittiologi acque dolci) e Cirf (Centro italiano per la riqualificazione fluviale), hanno scritto al ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani sottolineando l’importanza del Decreto direttoriale della DG PNA del 2 aprile 2020 che contiene norme per regolamentare la gestione delle attività connesse alla pesca sportiva e al turismo, importanti per garantire la tutela delle specie ittiche a rischio. Tale decreto, infatti, stabilisce i criteri che gli Enti di Gestione (Regioni, Province) devono seguire per richiedere al Ministero per la Transizione Ecologica l’autorizzazione per l’immissione delle specie ittiche non autoctone nelle acque interne italiane. L’istanza deve essere corredata da uno studio del rischio che dimostri come a seguito dell’immissione non intervenga alcun impatto a livello ecosistemico tale da compromettere gli habitat naturali o la fauna e la flora selvatiche.
Questo strumento normativo è fondamentale per mettere finalmente ordine nel caotico panorama delle immissioni faunistiche in natura in Italia. Ed è molto strano che la FIPSAS intervenga proprio ora, nel momento in cui vengono individuati i criteri che rendono possibile una deroga a quel divieto di reintroduzione, per denunciare il rischio di bloccare le loro attività. A meno che, la FIPSAS non si sia accorta che la trota fario e la trota iridea, in quanto specie alloctone, non possono essere immesse nelle nostre acque da più di vent’anni. E che eventuali immissioni di queste specie erano e, se non autorizzate dal MITE, rimangono illegali e quindi vanno impedite perseguendo gli autori con ogni mezzo.
L’AIIAD, l’Associazione Italiana degli Ittiologi Acque Dolci, elenca per l’Italia un totale di 55 specie autoctone (pesci ossei e lamprede), di cui almeno 27 endemiche o sub-endemiche. Ma nelle acque dolci italiane sono state rilevate anche 62 specie alloctone acclimatate. Lo stato di conservazione dei pesci autoctoni, secondo quanto indicato nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) è particolarmente negativo e peggiore rispetto alle altre classi di vertebrati. Quasi la metà delle specie ittiche d’acqua dolce è a elevato rischio di estinzione (48%), mentre le percentuali sono del 36% per gli anfibi, del 19% per i rettili, del 29% per gli uccelli e del 23% per i mammiferi. I pesci, inoltre, presentano anche la maggiore percentuale di specie già estinte in Italia, pari al 4% del totale.
Per tutti questi motivi le quattro associazioni esprimono una profonda preoccupazione per l’impatto che le specie invasive possono continuare a esercitare sulla fauna ittica autoctona e per la posizione espressa dalla FIPSAS con la pretesa inammissibile di continuare a introdurre specie alloctone per finalità ludico sportive, senza tenere conto del fondamentale ruolo che la conservazione della biodiversità riveste nel garantire i servizi ecosistemici necessari al benessere dell’umanità.
“Ritenere che la pesca sportiva e l’indotto da essa generato, possano realmente essere sostenuti da diffuse e continue immissioni di specie ittiche alloctone, spesso invasive, deriva da una concezione semplicistica e distorta della realtà – si legge nella lettera -. Al contrario, riteniamo che la gestione degli ecosistemi naturali e delle risorse ittiche necessiti di attività molto più complesse, articolate e continuative rispetto ai semplici ripopolamenti e che tutte le attività connesse alla pesca sportiva debbano essere sempre improntate al rispetto della natura in un contesto di sostenibilità, in modo da garantire la salvaguardia delle risorse naturali per le generazioni future. Per tutte queste ragioni – concludono le quattro associazioni – auspichiamo la rapida adozione della tabella delle specie consentite allegata al Decreto e chiediamo al Ministero di aumentare la vigilanza sul territorio e la sorveglianza, attraverso i Carabinieri forestali e le altre forze dell’ordine, del rispetto delle norme a tutela della biodiversità e della fauna ittica”.