Il desiderio di un nuovo modello urbano

Sta crescendo la voglia di riprendersi la strada, di relazioni di vicinato, di condividere servizi di mobilità, di liberalizzare le piazze dopo una lunga stagione di privatizzazione degli spazi pubblici che in funzione dell’automobile ha ridisegnato centri storici, quartieri, città, aree metropolitane.

Muoversi bene sottende valutazioni e aspettative articolate sulla necessità di ripensare le città, il modo di attraversarle e di viverle. È una proposta di cambiamento che può contare su una base di consenso che sta diventando sempre più maggioritaria.

La crisi scoppiata con il COVID è stata contemporaneamente crisi sanitaria, economica, ambientale e sociale per le città, tutte colpite severamente dalla pandemia. Il virus ha enfatizzato fragilità e carenze delle aree urbane e, per un’ampia fascia di popolazione, ha accentuato disuguaglianze, rischio di povertà ed esclusione sociale.

Proprio le città però – come sottolinea il rapporto del Programma delle Nazioni unite per gli insediamenti umani Cities and pandemics: towards a more just, green and healthy future – devono essere protagoniste di una nuova ripartenza capace di ripensare l’organizzazione, la forma e le funzioni dei quartieri, il modo con cui le persone si muovono nei centri urbani, garantendo insediamenti multifunzionali e inclusivi. C’è urgenza e necessità di città ben pianificate, che combinino spazi residenziali, commerciali, spazi pubblici e alloggi a prezzi accessibili, per un maggior benessere delle comunità. Le città che riescono a garantire salute, alloggi e sicurezza ai gruppi più fragili, possono contribuire al new normal, affrontando la povertà e le disuguaglianze, ricostruendo un’economia urbana, rendendo più chiare legislazione urbana e governance. Questa sfida significa virare in modo deciso verso città più resilienti, città in grado di ridurre il consumo di energia e le emissioni di gas a effetto serra, di assicurare la minimizzazione degli impatti dei rifiuti, limitandone la produzione e garantendo il loro corretto smaltimento, il riciclo e il riuso.

Conoscere quindi le realtà urbane di oggi, le loro emergenze e criticità ma anche le tante nuove opportunità, è la chiave fondamentale per poterle migliorare. E’ quello che facciamo dal  1994 con il rapporto Ecosistema Urbano: lo studio, attraverso vari indicatori, ha lo scopo di misurare la “febbre” ambientale delle città capoluogo e l’efficacia delle prescrizioni messe in atto dalle amministrazioni pubbliche. I numeri dell’ultima edizione del rapporto su ciclabilità, smog, isole pedonali, trasporto pubblico, inquinamento atmosferico, energia, evidenziano infatti le storiche emergenze urbane, a cominciare dal traffico e dal peggioramento della qualità dell’aria. Ma raccontano anche novità positive nate proprio dalle esigenze dovute all’emergenza pandemica e che poi si sono consolidate, come l’utilizzo crescente di bici, e-bike o monopattini (in sharing o di proprietà) negli spostamenti urbani o la riscoperta che è possibile spostarsi a piedi o con la bici muscolare in ambito urbano. In generale le grandi città – che sono quelle che per numerosità della popolazione potrebbero dare il contributo più incisivo alla sostenibilità ambientale – confermano la difficoltà nel dare risposte alle criticità croniche, ma sono anche i luoghi dove proprio dagli stessi cittadini spesso arrivano stimoli e idee alternative, sostenibili e all’avanguardia.



Mirko Laurenti

Mirko Laurenti

Reporting ambientale, fa parte dell' Ufficio Scientifico di Legambiente ed è il coordinatore del rapporto annuale Ecosistema Urbano.


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