Case Green, Kyoto Club e Legambiente: stop alle installazioni di caldaie a gas entro il 2030 

Il Governo e il Parlamento italiani recepiscano immediatamente il provvedimento e accelerino la transizione energetica del nostro patrimonio edilizio. 

La revisione della Direttiva “Case Green” approvata definitivamente dal Consiglio UE nella giornata di venerdì 12 aprile, è un tassello fondamentale del Green Deal europeo. La normativa mira a promuovere gli interventi di efficienza energetica nel settore edilizio, che nel nostro Paese costituisce ancora il 20% delle emissioni nazionali legate all’energia. Un passaggio obbligatorio se vogliamo raggiungere i target europei di riduzione delle emissioni al 2030 e al 2050 e contrastare la povertà energetica che tutt’oggi affligge milioni di famiglie. 

L’Italia può trarre beneficio da una strategia di deep renovation del proprio costruito, ed è in quest’ottica che l’EPBD (Energy performance of building directive) può supportare il Paese nella definizione degli obiettivi intermedi e delle azioni strategiche da intraprendere.   

Nel testo si specifica che “almeno il 55% della riduzione del consumo di energia primaria” debba essere ottenuto attraverso la ristrutturazione degli “edifici residenziali con le peggiori prestazioni” ossia quelli che “rientrano nel 43% dei casi con le prestazioni energetiche più basse del patrimonio edilizio nazionale”. In poche parole, stiamo parlando di oltre cinque milioni di costruzioni. 

Secondo Kyoto Club e Legambiente, il via libera alla revisione della Direttiva è sicuramente una buona notizia. Tuttavia, alla legislazione vanno integrate diverse disposizioni, e devono essere adottati diversi accorgimenti, spiegano le due associazioni nel position paper che riguarda la trasposizione della Case Green nell’ordinamento legislativo nazionale. 

I dubbi sollevati dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, a margine dell’approvazione finale – contando anche che l’Italia aveva espresso parere favorevole all’EPBD in sede di Consiglio UE, prima di pronunciarsi contro durante il voto finale – sono risolvibili. In primo luogo, è importante citare l’obiettivo della Banca Europea degli Investimenti (BEI) di portare, entro il 2025, dall’attuale 30% al 50% la quota di finanziamenti annuali che hanno un impatto positivo su clima o ambiente. Ci sono poi i green bond, le obbligazioni verdi europee che nel primo trimestre del 2024 hanno raggiunto livelli di emissioni pari a 170 miliardi di dollari.  

Infine, è necessario rafforzare gli sforzi nel campo dei finanziamenti per il clima, e far lavorare insieme il settore pubblico e quello privato per mobilitare gli investimenti disponibili. Siamo d’accordo con l’ex Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi quando affermava che nella lotta contro il cambiamento climatico “i soldi non sono un problema, se vogliamo usarli bene”. 

Tra le proposte avanzate nel documento: l’introduzione di una struttura di incentivi differenziata in base al reddito, la possibilità della cessione del credito e dello sconto in fattura per i redditi medio-bassi, l’istituzione di un fondo per le famiglie in povertà energetica, lo stop alle installazioni di caldaie fossili al 2030, l’adozione di politiche Whole Life Carbon che tengano conto della riduzione delle emissioni operative ed incorporate. 

Secondo Giacomo Pellini, responsabile comunicazione di Kyoto Club, “È fondamentale che il Governo ed il Parlamento italiani recepiscano quanto prima la revisione della Direttiva EPBD nell’ordinamento legislativo per avviare la riqualificazione del nostro patrimonio edilizio, vetusto ed inefficiente, e sostenere le oltre due milioni di famiglie che vivono ancora in uno status di povertà energetica. Se il tasso di rinnovamento edilizio italiano annuale rimarrà costante, non riusciremo a riqualificare gli oltre cinque milioni di edifici con le ‘prestazioni peggiori’ entro il 2030, come previsto dal provvedimento europeo. A tal proposito, è auspicabile accelerare il processo di transizione energetica del nostro costruito senza attendere oltre ed usufruire sin da subito delle opportunità che la revisione della Direttiva Case Green offre al nostro Paese”. 

“È evidente che un Paese in cui le politiche di riqualificazione del patrimonio edilizio sono nei fatti inesistenti, una Direttiva come quella delle Case Green, può giocare un ruolo di fondamentale importanza non solo per accelerare il processo di riqualificazione portando benefici immediati alle persone e alla lotta contro l’emergenza climatica, ma per cogliere l’occasione per introdurre strumenti e regolamenti che possano massimizzare i benefici ambientali e sociali. In questo senso è non solo necessario anticipare almeno al 2030 l’uscita dalle caldaie a gas, ma anche introdurre nuovi parametri di sostenibilità come la scelta dei materiali per la riqualificazione che dovrebbero prioritariamente venire da processi produttivi innovativi. Ma anche di messa in sicurezza sismica, abbattimento delle barriere architettoniche, tetti verdi e recupero acque piovane”, dichiara Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente onlus.