È ora di affrontare seriamente la maladepurazione

L’acqua è un bene comune che spesso viene dato per scontato. Una risorsa fondamentale per ogni forma di vita e per gli ecosistemi che viene, poco saggiamente, sprecata, inquinata e non tutelata.

Inoltre i frequenti fenomeni di siccità che si sono susseguiti negli ultimi anni, conseguenza diretta dei cambiamenti climatici in atto, hanno messo in ginocchio interi territori rendendo ancora più evidente la necessità di intervenire in maniera concreta e risolutiva sulla gestione di questo bene in termini di tutela, prelievi, uso e sprechi. 

Eppure gli strumenti per raggiungere questi obiettivi sono a portata di mano.  

Un’adeguata attuazione delle direttive europee, che indicano la strada da seguire in tema di acqua potabile, acque reflue urbane, protezione degli habitat, aree marine protette e acque di balneazione, inondazioni, inquinamento da plastica, emissioni industriali e restrizioni all’uso di sostanze chimiche pericolose, permetterebbe di monitorare costantemente la qualità dei nostri corpi idrici e di limitare tempestivamente fenomeni di inquinamento e cattiva gestione. 

Una di queste direttive, in particolare, è la Direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (raccolta, trattamento biologico, trattamento biologico con eliminazione di azoto e/o fosforo). Secondo le ultime valutazioni complessivamente il tasso di conformità in Italia è pari al 56 %, al di sotto della media UE del 76 %.  

Secondo un’analisi svolta sui Piani di Gestione dei Bacini Idrografici in Italia (2 ciclo), a livello nazionale, gli scarichi di acque reflue urbane contribuiscono in modo significativo a una qualità dell’acqua non buona nel 45,8% dei corpi idrici superficiali (tra fiumi, laghi, transizione e costieri), gli scarichi di acque reflue provenienti da abitazioni non collegate contribuiscono in modo significativo a una qualità dell’acqua non buona nell’8% dei corpi idrici superficiali e gli scarichi derivanti dagli straripamenti dovuti alle piogge intense contribuiscono in modo significativo a una qualità dell’acqua non buona nel 13,1% dei corpi idrici superficiali. 

Restano quattro sino ad oggi le procedure d’infrazione a carico dell’Italia per la mancata conformità alla Direttiva Acque Reflue (91/271/CEE): mentre l’ultima (2017/2181) è ancora in fase di istruttoria, le prime tre sono già sfociate in sentenza di condanna e in particolare la prima, risalente al 2004, è giunta fino alla sanzione pecuniaria. L’ultimo segnale dalla Commissione europea arriva il primo giugno scorso, con il nuovo deferimento alla Corte di Giustizia europea a causa dei ritardi nell’adempimento della sentenza della Corte del 2014 (relativa alla seconda procedura di infrazione, del 2009). Dei 41 agglomerati oggetto della sentenza ne restano 5 ancora non conformi (4 in Sicilia e 1 in Valle d’Aosta) 

Insomma, non solo contribuiamo a inquinare le nostre acque, ma paghiamo milioni di euro di multe che potrebbero essere spesi in opere che servono al Paese! 

Dal punto di vista economico e di investimento, infatti, l’Italia ha già pagato sanzioni pecuniarie per oltre 142 milioni di euro, ma sembra che l’uscita dalle procedure di infrazione sia ancora lontana, nonostante gli specifici fondi previsti dal PNRR pari a 600 milioni di euro che a quanto pare, come ha sottolineato anche la Commissione europea, non sono sufficienti.  

Occorre completare i lavori delle reta impiantisca e prevedere a questo punto più risorse.  

È ora di accelerare il passo con interventi concreti e politiche climatiche lungimiranti. L’Italia non può permettersi di restare indietro, ce lo impone anche la crisi climatica che sta avanzando ad un ritmo preoccupante e su cui ancora una volta l’Esecutivo fatica a dare risposte concrete a partire dal piano di adattamento al clima che deve essere ancora approvato e dalla creazione di un hub europeo, non del gas, ma delle rinnovabili che potrebbe trovare in Italia una culla e un modello a cui guardare 

Uno sforzo economico che non risulta sufficiente, secondo quanto riportato nel “Riesame dell’attuazione delle politiche ambientali 2022” del settembre 2022 della Commissione Europea, che riporta come le autorità italiane abbiano individuato un fabbisogno elevato di investimenti per il prossimo periodo ai fini della conformità alla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, che ammonta a 184 miliardi di euro. Una cifra che include i 151 miliardi di euro di lavori per gli impianti di trattamento e i 33 miliardi di euro stimati per i lavori sui sistemi di raccolta e/o sistemi individuali e altri sistemi adeguati. 



Andrea Minutolo

Andrea Minutolo

Geologo, con una lunga esperienza nel campo delle indagini in situ, prove di laboratorio, analisi ambientali. Attualmente è il coordinatore dell'ufficio scientifico di Legambiente dove segue in particolre i temi del rischio idrogeologico, bonifica dei siti inquinati, rifiuti, inquinamento atmosferico, attività per l’estrazione di idrocarburi.


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