Stop sussidi ambientalmente dannosi. I dati del nuovo report di Legambiente

Nel 2020 destinati 34,6 miliardi di euro ai sussidi ambientalmente dannosi, eppure ben 18,3 miliardi sono eliminabili entro il 2025 cancellando ad esempio quelli previsti per le trivellazioni e i fondi per la ricerca su gas, carbone e petrolio.

I numeri del nuovo report di Legambiente “Stop ai sussidi ambientalmente dannosi”.

L’associazione ambientalista: “Si inserisca nella prossima legge di Bilancio la cancellazione di tutti i sussidi ambientalmente dannosi entro il 2030 e si definisca una roadmap di uscita dalle fossili che preveda interventi entro il 2025. Negli ultimi 10 anni stanziati 136,4 miliardi di euro per SAD diretti e indiretti a danno dell’ambiente”.

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Nonostante le tante parole di questi anni, l’Italia continua a incentivare i sussidi ambientalmente dannosi (SAD) a scapito del Pianeta. Anche nel 2020 pochissimi i tagli fatti e le azioni concrete messe in campo. A parlar chiaro i dati raccolti da Legambiente nel nuovo report Stop sussidi ambientalmente dannosi. Nel 2020 ammonta a 34,6 miliardi di euro il costo totale dei sussidi ambientalmente dannosi, suddivisi tra i settori energia, il più numeroso con 24 diversi sussidi per complessivi 12,86 miliardi di euro l’anno; il settore trasporti con 15 voci e 16,6 miliardi di euro di sussidi tra diretti e indiretti; il settore agricolo con 5 voci e 3,1 miliardi di euro; quello edile con 1,1 miliardi di euro l’anno distribuiti in 3 voci e quello legato alle concessioni ambientali con 812,59 milioni di euro l’anno e 4 diverse voci da attenzionare di sussidi indiretti. Eppure di questi 34,6 miliardi complessivi, 18,3 sono eliminabili entro il 2025 cancellando i sussidi per il mondo delle trivellazioni, i fondi per la ricerca su gas, carbone e petrolio; ma anche le agevolazioni fiscali per le auto aziendali, il diverso trattamento fiscale tra benzina gasolio, gpl e metano. Senza dimenticare il Capacity Market per le centrali a gas e l’accesso al superbonus per le caldaie a gas. Tutte risorse che potrebbero essere rimesse in circolazione nel giro di pochi anni a favore della transizione energetica: rinnovabili, reti, efficienza, mobilità, bonifiche e molto altro anche per evitare il caro bollette. E sopperire ai versamenti mancati a favore dei paesi poveri come previsto dal Protocollo di Kyoto.

Numeri e analisi che Legambiente presenta oggi, in diretta streaming sulle sue pagine Facebook, LinkedIn e Youtube nel giorno in cui prende il via la Pre-Cop Milano per lanciare un messaggio diretto al Governo Draghi e al ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani: è ora di invertire la rotta abbandonando le fonti fossili che pesano anche sul rincaro bollette frutto della dipendenza del gas, incentivando sempre di più le rinnovabili facendo decollare la transizione ecologica ed energetica. A preoccupare ad oggi è anche il dato complessivo sui sussidi stanziati negli ultimi 10 anni: dal 2011 ad oggi, sottolinea Legambiente, sono stati circa 136,4 i miliardi di euro stanziati tra finanziamenti diretti a centrali che utilizzano petrolio, gas e carbone, che inquinano e producono emissioni gas serra; ma anche sconti su tasse – accisa, iva e credito d’imposta – per una lunga lista di utilizzi di benzina, gasolio, gas, ecc. – nei trasporti, nel riscaldamento, nelle industrie. Sconti sui prezzi, esenzioni e differenti trattamenti fiscali. In questi dieci anni sono, inoltre, pochissime le voci di sussidio che hanno subito cambiamenti radicali. Tra questi il CIP6, il sistema ETS e i sussidi alle trivellazioni diminuite negli anni a causa delle riduzioni delle estrazioni, ma anche a grazie alle timide modifiche normative sui canoni e sulle esenzioni che comunque hanno spostato qualche milione di euro. E non dimentichiamo che nell’ultimo anno, sono subentrati anche nuovi sussidi come quello del Capacity Market (che prevede per i prossimi 15 anni generosissimi incentivi per nuove centrali a gas), del sistema ETS o l’accesso al superbonus, introdotto nel 2020, per la riqualificazione degli immobili, che permette l’accesso alla detrazione fiscale del 110% anche alle caldaie a gas per le caldaie a gas.

Per questo l’associazione ambientalista lancia oggi cinque proposte chiedendo: 1) di inserire nella prossima legge di Bilancio la cancellazione di tutti i sussidi alle fonti fossili entro il 2030; 2) di aggiornare annualmente il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli, definendo una roadmap di uscita dai sussidi e mettendo in evidenza i passi avanti fatti negli anni. 3) di eliminare subito i sussidi diretti alle fossili per lo sfruttamento dei beni ambientali; 4) di rivedere la tassazione sui combustibili fossili per portare trasparenza e legare la fiscalità alle emissioni di gas serra. 5) Inoltre è importante che l’Italia faccia la sua parte in tema di aiuto ai Paesi poveri colmando entro la fine del 2021 il miliardo di euro mancante, per adempiere agli impegni di Parigi che prevede per il nostro Paese un impegno di 4 miliardi di dollari per il periodo 2015-2020. Il nostro Paese dunque, a partire dal prossimo, si impegni a mobilitare almeno 4 miliardi l’anno per garantire la sua giusta quota dell’impegno collettivo di 100 miliardi dei Paesi industrializzati. Le risorse necessarie possono essere reperite facilmente attraverso il taglio dei sussidi alle fonti fossili.

“Non è più accettabile – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – continuare a rimandare un problema che rappresenta una criticità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica. Anche se il tema è entrato nel dibattito politico, non bastano annunci e commissioni ad hoc, se il risultato è ancora quello di vedere rimandato il tema del taglio e della rimodulazione dei sussidi a sfavore della collettività e del bene comune. È importante che l’Italia definisca al più presto una roadmap di uscita dalle fossili e dai sussidi che preveda interventi entro il 2025, anche in vista della chiusura delle centrali a carbone che non può essere affrontata solo con una semplice riconversione a gas condannando questo Paese alle importazioni di gas fossile per ulteriori 20/30 anni. Inoltre per fronteggiare la crisi climatica, è importante – spiega Ciafani – che l’Italia aggiorni al più presto il suo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) per garantire una riduzione delle nostre emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030, andando ben oltre l’obiettivo del 51% previsto dal PNRR e confermando il phase-out del carbone entro il 2025 senza ricorrere a nuove centrali a gas. Il nostro auspicio è che dalla Pre-Cop di Milano che si è aperta oggi possa arrivare dal nostro Paese anche un impegno concreto di questo tipo”.

“Intervenire sui sussidi ambientalmente dannosi vuol dire liberare ingenti risorse, almeno 35 miliardi di euro l’anno, a favore di interventi che permetterebbero di rilanciare investimenti in innovazione ambientale in grado di portare non solo cambiamenti strutturali nei diversi settori di intervento ma anche di creare benefici per le famiglie e per le imprese. Oggi – aggiunge Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – ci sono Comuni che grazie agli investimenti in modelli energetici sostenibili, fatti di efficienza, rinnovabili e innovazione, hanno portato a riduzioni in bolletta fino al 40%, o hanno risanato le casse comunali, ridotto tasse o avviato filiere a sostegno delle famiglie più povere, abbattendo emissioni ed inquinati. È qui che possiamo e dobbiamo guardare per il futuro del Pianeta, ma anche per portare benessere e qualità”.

Entrando nello specifico del report, per quanto riguarda il settore energia sono 24 le voci di sussidi, tra diretti e indiretti, per 12,9 miliardi di euro complessivi arrivati al settore Oil&Gas. Tra questi i 498,94 milioni di euro destinati alle trivellazioni e della quale godono principalmente grandi aziende. Una cifra che negli ultimi 10 anni arriva a ben 13,323 miliardi di euro di sussidi, dovuti all’inadeguatezza di royalties e canoni. Tra le altre voci del settore energia ci sono poi vecchie conoscenze come i CIP6 – negli ultimi dieci anni stanziati 9,805 miliardi di euro – e poi agevolazioni IVA, riduzioni di prezzi e fondi pubblici per la realizzazione di infrastrutture del settore. Così come sussidi diretti alla ricerca per petrolio, gas e carbone. Tra le 24 voci di sussidi, almeno 13 voci sono subito eliminabili entro il 2025, per un valore pari a 6,1 miliardi di euro. Gli altri 6,7 miliardi di euro di sussidi andrebbero, invece, rimodulati, in quanto strettamente connessi con settori strategici produttivi o di consumo come quelli delle isole minori, o delle aree geograficamente svantaggiate, o ancora la riduzione dell’iva per imprese e utenti domestici.

Tra le altre voci, invece, rimodulabili ci sono i contributi e gli impianti in centrale (i cui sussidi ammontano negli ultimi dieci anni a 9,977 miliardi di euro) e le esenzioni oneri di sistema (i cui sussidi ammontano negli Ultimi dieci anni a 12,698 miliardi di euro). Entrambi sono tra i costi coperti dagli utenti finali attraverso la bolletta elettrica. Nel primo caso troviamo quelli relativi al dispacciamento, ovvero l’insieme di servizi che garantiscono in ogni istante l’equilibrio tra l’energia immessa nel sistema e quella prelevata. Nel secondo caso lo sconto sugli oneri di sistema alle cosiddette “aziende energivore”, identificate – attraverso il Decreto del 5 aprile 2013 – come quelle caratterizzate da un consumo annuo superiore ai 2,4 GWh di energia elettrica e da un indice di intensità energetica superiore al 2%. Una voce che nel 2020 ha pesato sulle bollette delle famiglie italiane per 1.661,65 milioni di euro.

Settore edilizia e detrazioni fiscali per l’acquisto di caldaie a condensazione: Ammontano 1.147,8 i milioni di euro, in forma di sussidi indiretti, destinati al settore e che impediscono o rallentano una vera innovazione del patrimonio edilizio. Nel caso del superbonus che prevede l’accesso all’incentivo anche per le caldaie a condensazione, l’associazione ambientalista ribadisce che è fondamentale non incentivare le famiglie all’acquisto di caldaie e pompe di calore che utilizzano combustibili fossili, come invece avviene attraverso il superbonus. Un sussidio, indiretto, alle fonti fossili che Legambiente stima in almeno 528,8 milioni di euro per il 2019.

Settore trasporti: è tra i più impattanti sull’ambiente, contribuendo ad accelerare il riscaldamento globale e aumentando sensibilmente l’inquinamento atmosferico nelle aree urbane. Sono pari a 16.600 milioni di euro i sussidi rilevati da Legambiente attraverso i dati della Ragioneria di Stato dove risultano 1.595,4 milioni di euro di sussidi diretti e indiretti al settore, ma anche attraverso il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli, dove sono presenti ulteriori 14.044,6 milioni di euro di voci destinate al settore dei trasporti. Tra i sussidi eliminabili, quelli legati all’uso di olio di palma e di soia nei biocarburanti. La nuova direttiva quadro sulle energie rinnovabili (REDII), prevede finalmente la progressiva esclusione dai biocarburanti da sussidiare dell’olio di palma (considerato a rischio ILUC, cambiamento l’uso del suolo) al più tardi entro il 2030. L’Italia dovrebbe decidere l’esclusione entro il 2023, la Francia già dall’anno scorso. Tra quelli rimodulabili, i nuovi incentivi destinati alla rottamazione auto decisi nel corso del 2020. Tale incentivo è dedicato sia alle auto elettriche che alle auto con motore a benzina, diesel, metano e GPL con emissioni non superiori ai 135 grammi di CO2/km, quando l’obiettivo europeo è quello di cercare di non superare i 95 grammi CO2/km. Con questo sistema, Legambiente stima che l’acquisto di veicoli con motore a scoppio, nel solo 2020, sia stato incentivato con 400 milioni di euro.  Si stima che tale sussidio supererà i 600 milioni di euro nel 2021.

Capacity Market: è il nuovo sussidio pensato per garantire la sicurezza del sistema elettrico e l’approvvigionamento di energia attraverso impianti sempre disponibili per coprire le punte di carico della rete ed evitare così blackout. Un sussidio che costerà alla collettività circa 15 miliardi di euro per i prossimi 15 anni. È, invece, pari a 361,7 milioni di euro la spesa prevista per il biennio 2020 – 2021 e un costo che andrà aumentando vedendo l’andamento delle aste per il 2022 e 2023.

>>La versione integrale del rapporto